Questa incantevole valle prealpina è il luogo dove è ambientato il nuovo libro di Tiziana Viganò "Ombre e misteri tra i boschi - delitti in Valganna". In questo articolo, il giornalista Claudio Bollentini, esperto del territorio, racconta l'ambiente, la natura, l'arte e la cultura di un territorio intatto della bellissima Lombardia.
La
Valganna è una piccola valle situata a nord di Varese in Lombardia,
indiscutibilmente riconosciuta da tutti come il cuore verde delle
Prealpi insubri per il suo pregiato ambiente naturale lussureggiante
e incontaminato. Rispetto ad alcune vallate circostanti dominate da
uno sviluppo urbanistico massiccio, spesso poco attraente e di scarsa
qualità, per intenderci dominato da centri commerciali e capannoni
in successione, la Valganna è viceversa un piccolo gioiello.
L’antropizzazione
limitata, l’urbanistica e l’edilizia civile non particolarmente
invasive, il turismo sostenibile, la quasi totale assenza di attività
industriali hanno consentito di preservare e tutelare il territorio
nel tempo, di mantenere e tramandare fino a noi le caratteristiche
ambientali di sempre e gli aspetti salienti della plurisecolare
cultura locale. Nonostante l’impatto di una trafficata strada
statale che l’attraversa da un capo all’altro e che divide in due
i centri abitati del fondovalle.
La
suddetta arteria è un prodotto della modernità, storicamente
infatti la precedente strada di origini tardoromane, che rivestiva in
passato un’importanza maggiore di quella odierna, si snodava in
tutt’altro sedime, ma scarse o nulle sono le tracce al riguardo.
Tale antico tracciato collegava la pianura padana, il milanese e il
Seprio con i passi alpini delle Lepontine, a cominciare dal Lucomagno
che immetteva nella valle del Reno e che nel medioevo era
probabilmente il più frequentato.
L’ingresso
in Valganna, provenendo da sud, si raggiungeva nei pressi del borgo
di Frascarolo e del suo castello, situati nell’odierno comune di
Induno Olona. Proseguendo verso nord, la strada incrociava in altura
la mulattiera che scendeva dal vicino passo del Vescovo che a sua
volta permetteva il collegamento con la Valceresio.
Raggiunto
il fondovalle nei pressi di quello che ai giorni nostri si chiama
laghetto Fonteviva, la strada seguiva più o meno il percorso del
tram bianco dismesso a metà degli anni cinquanta del Novecento,
lambiva la miniera della Valvassera e la cappella di San Gemolo,
toccava la Badia di Ganna dopo aver doppiato il laghetto, poi
proseguiva lungo la costa occidentale del lago di Ghirla,
attraversava l’omonimo borgo in località ghetto e, dopo aver
superato l’antico maglio, lasciava la valle per entrare nella val
Marchirolo da una parte e a Cunardo dall’altra.
Quattro
sono i paesi presenti: i più grandi, Ganna e Ghirla si trovano nel
fondovalle, in altura tra boschi e pascoli sono ubicati Mondonico e
Boarezzo e non poche sono le case sparse. La popolazione globale
della valle si aggira intorno ai 1.600 abitanti.
Il
corso d’acqua principale che solca la Valganna da sud a nord è il
torrente Margorabbia, nasce alle pendici del monte Minisfreddo,
alimenta i due suggestivi laghi di Ganna e Ghirla e poi si dirige
verso Cunardo, la val Travaglia e il fiume Tresa nei pressi di Luino,
dove sfocia nel lago Maggiore. I monti principali che si trovano
lungo la dorsale occidentale sono il Chiusarella, la Martica e il
Mondonico mentre a oriente troviamo in successione il Monarco, il
Minisfreddo, il Poncione di Ganna e il più noto Piambello che
rappresenta con i suoi m. 1.125 s.l.m. la cima più alta.
La
notorietà storica della valle è in gran parte legata alle vicende
della medievale Badia di San Gemolo a Ganna di cui oggi restano
importanti tracce architettoniche e artistiche e la cui chiesa,
conosciuta per i suoi antichi affreschi, è tuttora officiata ed è
pure parrocchia. Dal punto di vista architettonico è degno di nota
il chiostrino di una singolare forma pentagonale. Una storia, quella
della Badia, che si dipana per circa quattro secoli e mezzo, dal 1095
fino a poco dopo la metà del 1500, periodo in cui fu abbandonata dai
monaci benedettini e quindi ceduta all’Ospedale Maggiore di Milano
che a sua volta la rivendette ad alcuni privati a fine Ottocento.
Trovarono spazio in quel tempo abitazioni e piccoli opifici che
snaturarono il luogo senza fortunatamente devastarlo
irrimediabilmente.