giovedì 8 novembre 2018

“La sedia del custode” di Bahaa Trabelsi. Recensione di Tiziana Viganò


Una giornalista che si oppone all’oscurantismo fondamentalista, un poliziotto che si dibatte tra le contraddizioni, un serial killer fanatico religioso: sullo sfondo una Casablanca sospesa tra antico e moderno. Molto più di un noir....

recensione di Tiziana Viganò

Ben più di un noir. “La sedia del custode” (2018, edizioni Le Assassine) apre lo sguardo sul Marocco, un paese che negli ultimi anni ha subito un cambiamento radicale nei costumi e nel quadro politico-sociale portando indietro l’orologio della modernità, rinnegando molti dei diritti conquistati dalle femministe nello scorcio del secolo.
Bahaa Trabelsi, giornalista e attivista per i diritti umani, è al suo quinto romanzo e con questo ha vinto il premio letterario Sofitel 2017: dà veste noir, attraverso le gesta feroci di un serial killer, a un contenuto importante per far capire al lettore cosa succede in una società che subisce una radicalizzazione islamica.
Anni fa, il paese viveva un’epoca di libertà, di rispetto per i diritti umani e per la donna in particolare, di integrazione con la cultura dell’Occidente, di una evoluzione che, in pace e tolleranza, non rinnegasse i valori tradizionali. Negli ultimi anni, soprattutto dopo “le primavere arabe” si assiste invece a una regressione a causa del fondamentalismo wahabita (intransigente e aggressivo di importazione saudita) che s’insinua nella società marocchina di tradizione sunniti (di ispirazione sufi, che predica amore e pace): la scrittrice dedica particolare attenzione alla condizione della donna schiacciata dalle norme religiose, condizionata dallo sguardo severo o lascivo degli uomini, puttana tentatrice e schiava sempre, vittima di violenze, privata della possibilità di studiare e di arrivare a una impossibile parità.


Il quadro della società marocchina oggi, le storie che Bahaa Trebalsi racconta sono assolutamente reali: la dittatura della religione islamica è sostenuta dal popolo, dalle stesse donne che a milioni sono scese in piazza per rivendicare il diritto al velo e alle leggi antiche. Il velo è un simbolo, ma non di libertà: è un vero costume di guerra di chi appoggia l’integralismo.  Si calcola che l’84% delle donne marocchine siano per il nuovo corso che vuole riportare indietro di millenni le leggi di quello come di tanti altri paesi. Ignoranza, povertà crescente, sfiducia verso i partiti politici, intolleranza per la contaminazione dei costumi tradizionali con i valori dell’Occidente sono tra le cause della svolta wahabita del Marocco.
E questo ci fa pensare anche ai problemi della nostra libera e democratica Europa...per ora...

La protagonista è Rita, giornalista quarantacinquenne che aveva lottato per gli ideali di cambiamento del suo paese e si oppone all’odierno oscurantismo, una guerriera impavida (in cui si riconosce la scrittrice) forte delle sue convinzioni e delle sue idee, portatrice di una doppia cultura, lei che si è formata a Parigi. Il poliziotto Abid maschera dietro l’apertura alla modernità un carattere cupo e depresso, dominato dall’alcool  e frena a stento un machismo vecchio stampo: ma si innamorerà perdutamente di questa donna forte e passionale e comincerà a riconsiderare alcune sue convinzioni. Insieme si butteranno alla caccia a un terribile assassino seriale: un uomo banale, solitario, servile, uno qualunque, che però, dalla sua sedia di custode davanti a un palazzo elegante di Casablanca, osserva e sceglie le sue vittime, le giudica con il metro dei più violenti versetti del Corano e li applica alla lettera.
Le sue vittime orrendamente sconciate porteranno il suo marchio di ossessione religiosa: nella sua atroce follia sente che Dio parla attraverso di lui, anzi, lui stesso è la mano di Dio, e la sua missione è quella di purgare il mondo dai peccatori. Rita e Abid ai suoi occhi diventano criminali perché stanno insieme senza essere sposati e, di conseguenza entrano nel suo mirino, mentre le vittime designate continuano a morire atrocemente: un omosessuale, un ebreo, un ladro, una prostituta, una donna che vuole abortire, alcuni musulmani che si sono convertiti al cristianesimo...
La sedia del custode è simbolo e realtà: davvero davanti alle case marocchine sono comparse queste sedie dove gente assoldata dal governo controlla la gente che passa i condomini: controlla che seguano alla lettera le leggi islamiche, il Ramadan...la delazione è diventata norma di relazione.

I capitoli si susseguono con le riflessioni in prima persona dei protagonisti e dei comprimari. La donna islamica perfetta, Jamila, l’Haj, il vecchio e acuto poliziotto legato ai volori tradizionali sufi, la figlia di Rita che studia a Parigi ed è simbolo del futuro, la madre della protagonista, regina vedova, vera madre marocchina. Le figure escono dalla pagina vive e reali in una bella prosa scorrevole e veloce, mentre la suspence ha un crescendo drammatico.
Sullo sfondo dell’azione Casablanca appare con i suoi contrasti di città sospesa tra antico e moderno, con la gente che corre veloce e stressata in mezzo al traffico, vestita di abiti moderni o di veli, burqa e djellaba tradizionali: immagine di Sodoma e Gomorra nella mente malata di chi vede solo peccatori e sacrileghi ovunque.
L’azione è ambientata nel periodo in cui l’ISIS rivendica la strage di Parigi del 13 novembre 2015 e quella di Nizza il 14 luglio 2016.
Un libro imperdibile “La sedia del custode” per la qualità della trama noir, per quello che racconta sulla cultura marocchina e islamica e per gli alti valori di libertà, di uguaglianza sociale, di democrazia che tramette al lettore: quelli della scrittrice, Bahaa Trabelsi, avanguardia nel suo paese e tra noi.
Ben più di un noir, questo libro è un inno alla libertà dell’individuo e una denuncia del pericolo insito nel fondamentalismo religioso, non solo islamico. Per i suoi scritti e il suo impegno civile, Bahaa Trebalsi è stata condannata a morte ben due volte per aver scritto un libro su un amore omosessuale (che è delitto nei paesi islamici): una donna con un coraggio immenso, forte delle sue idee, dalla penna che denuncia verità innominabili. Onore e ammirazione per lei: sono felice di averla conosciuta.
  
La nuova Casa editrice milanese “Le Assassine” pubblica la collana Oltreconfine, per far conoscere al pubblico italiano le più interessanti donne gialliste di ogni cultura, europea ed extraeuropea e la collana Vintage che ripubblica libri di scrittrici di tempi passati, da riscoprire come le antenate, le pioniere del giallo moderno, in testi d’ambiente e d’atmosfera.


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