"DELITTI AI NAVIGLI DI MILANO" di Giancarlo Bosini

 


 DALLA QUARTA DI COPERTINA

Milano 1928, il fascismo è al potere, la vita va avanti come sempre, ma nell’aria è percepibile un clima oppressivo, in cui non mancano limitazioni alle libertà, censure e delatori.

Tre cadaveri vengono ritrovati nel naviglio. Per la questura si tratta dell’opera di un pazzo, ma per Martone, un giornalista del Corriere caduto in disgrazia ed emarginato a causa delle sue idee antifasciste, la cosa non è chiara e partendo da una labile traccia inizia un’indagine che lo porterà a scoprire un’incredibile verità.

Delitti ai navigli di Milano di Giancarlo Bosini
La stanza mostra tutto quello che può essere un’esistenza disperata; dà sul vicolo, ne giungono in lontananza i rumori, ma la finestra e le persiane sono chiuse per impedire che nessuno sguardo possa insinuarvisi. L’aria è pesante, si respira odore di corpi, odore di secrezioni. Solo la luce di una lampada illumina lo squallore di quest’alcova; un letto con un tappetino sgualcito ai suoi piedi, un catino con salvietta, un attaccapanni per i clienti e un comò con lo specchio sul quale sono posate alcune forcine, qualche nastro, saponette, cipria e profumi d’infima qualità. Noto anche alcune riviste d’amore, qualche cartolina illustrata e il libro dei sogni; forse gli unici rifugi dove illudersi possa alla fine giungere una vita migliore, anche se già si sa che il proprio destino sarà molto facilmente quello del sifilicomio.

Mimì mi appare con una vestaglia alla geisha e una sigaretta accesa tra le labbra. È molto giovane, tutta la sua poesia si riduce a un fiore nei capelli arruffati, fermati con qualche pettinino di tartaruga.

«Volete che spenga la luce? Ci sono uomini che preferiscono il buio» mi chiede senza quasi guardarmi. Poi aggiunge: «Facciamo presto, tra poco verrà un signore che non posso fare aspettare.»

Guardo con tristezza questa ragazza dal bel viso, non posso fare a meno di pensare a come avrebbe potuto essere la sua vita se solo non fosse nata in questo quartiere di miseria e degrado. Mi chiedo per quanti anni ancora potrà durare la sua bellezza, prima di svanire precocemente cancellata da questa esistenza. Con disagio le mostro la foto scattata all’obitorio da Lepore: il secondo cadavere ripescato dal naviglio.

«Conosci quest’uomo?» le chiedo.


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