"GIALLO MILANO" di Giancarlo Bosini

 

DALLA QUARTA DI COPERTINA


In una Milano tra realtà e fantasia, l'architetto Luigi Bellotti, docente della Facoltà di Architettura, indaga sulla scomparsa della collega Irene, ripescata cadavere nelle acque del Naviglio Grande. In uno scenario che va dalle prime rivendicazioni studentesche alla strategia della tensione, Bellotti scoprirà che i motivi della morte di Irene hanno radici molto lontane nel tempo. Ma non è tutto, le sue indagini lo porteranno a scoprire molto di più. Ma qualcuno trama nell'ombra per nascondere o distruggere verità scomode. Il romanzo, pur attingendo da alcuni fatti storici, è un'opera di totale fantasia. Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale.

Giallo Milano di Giancarlo Bosini

0111 Edizioni (2016)

Pagine 144

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UN ESTRATTO:

Conto i bicchieri sul tavolino. Matteo ne ha svuotati già parecchi.

«Un altro Vermouth», chiede al ragazzo. «Ma questa volta mettici un po’ di ghiaccio!»

«Subito signor De Cristoforis!» gli risponde il cameriere che oramai da tempo è abituato alle sue abbondanti ordinazioni.

Sono sempre stupito da come Matteo passi da un alcolico all’altro. Sembra quasi che li voglia provare tutti. È metodico in questo suo vizio. L’altra settimana solo birra. Di tutti i tipi. Al malto, al doppio malto, lager, pilsner, chiara, scura, rossa. La settimana prima era invece stata quella dei vini da meditazione. Pantelleria, Marsala, Zibibbo e ogni genere di passito. Oggi è ritornato ai vini d’aperitivo. Disdegna i superalcolici.

«Non sono per amatori!» mi ha detto un giorno. «Cazzo! Vuoi mettere al loro confronto un buon bicchiere di vino o una birra fresca!»

Qualche volta spinge a bere anche me, come la sera del suo cinquantesimo. Ma lo fa raramente. Sa che non amo esagerare. Mi sta seduto davanti. Aspetta che gli riferisca del colloquio con Almirato e Ranzoni. Ma io non so come cominciare. In parte mi sembra di averlo tradito. In parte non ho il coraggio di riferirgli cosa mi hanno detto. Temporeggio. Guardo dall’oblò grondante di rivoli, sui quali come in un caleidoscopio si scompongono le luci dell’alzaia. Matteo attende e nel frattempo si scola un altro bicchiere. Alla fine mi decido a parlare.

«Sono stato all’Arcivescovado», gli dico. «Vogliono occultare la cosa fino a quando i restauri non saranno terminati. Continuiamo i lavori come se non fosse successo nulla e per il momento ci cuciamo la bocca. Ho cercato di dissuaderli, ma alla fine ho dovuto accettare la loro proposta. Insistere non sarebbe servito a nulla. Era chiaro che avevano già deciso. Hanno paura che la scoperta, che si tratti o no di un Leonardo, possa portare a un fermo del cantiere, cosa che potrebbe comportare la sospensione dei finanziamenti e metterli in difficoltà. Purtroppo la burocrazia non ammette distinzioni tra ritardi dovuti a cause banali o a fatti straordinari come questo. Inoltre non hanno voluto prendere in seria considerazione la tua perizia per via della faccenda del Caravaggio.»

«Cazzo! Quella storia non mi abbandonerà più!» esclama demoralizzato Matteo. «Sai che adesso ci sono anche gli avvocati di mezzo? Dicono che per protagonismo ho agito con troppa superficialità. Ma, ti ripeto, per me è solo invidia professionale, perché questa scoperta rivoluziona la biografia del grande maestro lombardo.»

«Diamine! Lo so! Se l’attribuzione venisse accettata dalla comunità scientifica mondiale, si potrebbe dire di aver trovato un tassello importante nella storia dell’arte, perché nulla si sa degli esordi giovanili del Caravaggio.»

«Cazzo è verissimo! Ma la maggior parte degli esperti sostiene che, se si considera il numero degli allievi del Peterzano, ci sono almeno cinquantamila disegni e nessuno può sapere quale dei suoi allievi ha realizzato quegli schizzi e, dato che non esistono opere realizzate in Lombardia attribuibili con certezza al Merisi, non c’è quindi modo di fare paragoni.»

«Se ho capito bene ti accusano di non aver fatto le dovute indagini tecnico-diagnostiche per accertare se gli inediti sono vere opere di Caravaggio, che avresti dovuto fare verifiche ed esami più approfonditi prima di procedere con certezza all’attribuzione e di non esserti posto il problema della credibilità della ricerca.»

«È così. Ma soprattutto non mi perdonano di aver annunciato la scoperta senza prima proporla a riviste riconosciute dalla comunità scientifica. Quei cornuti sostengono che i confronti proposti traggono in inganno perché, con i fotomontaggi, i disegni trovati sono stati ambientati e ricollocati all’interno di sfondi analoghi a quelli dei quadri di Caravaggio e in questo modo l’effetto somiglianza viene decuplicato. Secondo loro quei disegni e dipinti potrebbero non essere attribuibili al Caravaggio o addirittura potrebbero essere falsi. Concludendo, mi hanno messo in croce perché dicono che in barba ai criteri scientifici ho prodotto delle prove non attendibili. Stabilire col mio metodo che quei disegni sono del Merisi è come scoprire gli elettroni a occhio nudo, hanno sostenuto i fetenti. Ma io non mi arrendo, sono più che certo delle mie deduzioni.»

 

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