L'intervista è stata pubblicata sul portale MilanoNera
per la recensione al libro "Le parole di Sara" si rimanda a
13 marzo 2019
T.- Questa nuova
serie, diversa dalle precedenti – il
commissario Ricciardi e i Bastardi di
Pizzofalcone - racconta storie di donne: il tema femminile è al centro,
così come il nuovo tema politico.
M.- Sara e Teresa, la co-protagonista, hanno condiviso tanti
anni di lavoro e di esperienze, poi si sono separate. Oggi Teresa ha bisogno di
aiuto, è in pericolo, così torna a chiedere all’amica di ieri l’appoggio che le
serve. La lupa, la donna dura e determinata, capo dell’Unità dei Servizi Segreti,
si è innamorata proprio quando la gioventù la sta abbandonando e come tale è
debole, fragilissima...ma la sua pericolosità non va comunque sottovalutata.
Rispetto al primo libro, “Sara al
tramonto” (2018, Rizzoli), la donna invisibile non è più schiantata dal
dolore, i ricordi si stemperano nella nostalgia e nella malinconia, la
solitudine non è più disperata, vede finalmente una luce di speranza perché ha
una nuova famiglia, un nipotino amatissimo che porta il nome del suo amato
morto, ha Viola, la nuora che la stima, ha l’ispettore Pardo che le sta vicino.
T.- Sara è una donna
che non mente mai: la sua incredibile abilità di leggere nel dettaglio il
linguaggio non verbale e tutte le sfumature della comunicazione umana la
condizionano anche nella vita di tutti i giorni
M.- Sara è una donna che ha sempre avuto il compito di
smascherare la menzogna, così non mente neppure a se stessa o agli altri: non
si trucca per sembrare diversa, si veste in modo modesto per non attrarre
l’attenzione, non mette i tacchi per non sembrare più alta, non si tinge i
capelli. È
quello che è, e vuol essere invisibile. Quando si innamorò di Massimiliano
lasciò la famiglia, per non mentire, e il figlio lasciò lei. Pagò un prezzo
altissimo per la sua lealtà. Solo una volta Sara mentirà per salvare Teresa,
perché capisce che solo fingendo potrà salvarla.
T.- C’è un tema che è
presente in tutti i tuoi romanzi, anche quelli di altre serie...
M.- L’amore è al
centro di tutti i miei romanzi: parlo d’amore anche se è una debolezza, e nella
vita di tutti porta imprevedibili conseguenze. E’ un inferno...dice Sara*. Ma non si può fare a meno dell’amore,
con tutti i suoi contrasti e le sue sfumature. E le parole di Sara sono parole
d’amore.
T.- “Le parole di Sara” è il primo libro
manifestamente politico che hai scritto. L’interpretazione che dai degli
avvenimenti politici in corso in Italia, la lotta contro l’immigrazione, il
razzismo e le manovre per fomentare l’odio e la paura nella popolazione sono
assolutamente verosimili, forti, sconvolgenti: fanno meditare.
M.- Uomini di potere di ieri, politici corrotti e
delinquenti sono ancora ben fermi sulle posizioni, quando non hanno aumentato
il loro potere. E ora hanno un mezzo potentissimo in più: non ci rendiamo
ancora conto completamente dell’infinita potenza dei mezzi di comunicazione,
dei social e del web, così come sono strutturati oggi hanno la capacità di
manovrare le menti, i consensi, l’opinione della gente. Un tema attuale che ho
voluto sviluppare nel libro, un tema fortemente politico.
T.- Come Sara porta
avanti la sua indagine particolare?
M.- Sara ricorda molto bene gli eventi storici cui ha
partecipato, è il ponte tra passato e presente. Non è un magistrato né un poliziotto,
ma un cane sciolto. È una giustiziera: fa un’istruttoria, processa e arriva
alla sentenza, le immagini del finale sono intensissime, dure, in netto
contrasto con l’aspetto grigio e dimesso della donna. In questo la sua novità:
non essere una figura di investigatore classico.
Sara ha lavorato per trent’anni nei servizi segreti, non
certo come uno 007 all’americana: il suo era un lavoro silenzioso e nascosto ma
così importante. Le tecniche di intercettazione di una volta sono superate
dalle tecnologie informatiche avanzate, ma Sara continua a usare le sue incredibili
abilità psicologiche, le aggiorna con l’aiuto di altri personaggi...e non
sbaglia!
T.- Due domande
diverse: lo scenario della Napoli che appare in questi libri è ben diverso da quello
dei precedenti. Ci sono scrittori del passato a cui ti sei ispirato?
M.- Qui c’è una Napoli borghese, fredda e distante dal
popolo, si possono trovare atmosfere che ricordano i gialli di John Le Carré. Nei
romanzi di Ricciardi c’è la città degli anni Trenta e Quaranta, il centro
storico con i suoi vicoli pieni di canti e di musica, con le tematiche
dell’orrore nella normalità, alla Stephen King. Nei Bastardi di Pizzofalcone
c’è la Napoli della malavita, brulicante di gente e di chiasso, oscura e pericolosa,
e il commissariato che ricorda l’87° distretto di Ed Mac Bain.
T.- Il genere Nero in
Italia è ancora considerato con supponenza, come un genere minore, eppure è il
più letto, il più amato.
M.- Le storie di sangue e di segreti sono quelle che colpiscono
di più l’attenzione e vengono seguite con passione, basta guardare la cronaca. Nel
giudicare il genere Nero spesso si dimenticano i grandi scrittori del passato
che hanno fatto scuola, primo fra tutti Umberto Eco con “Il nome della rosa”,
un libro Nero.
Una grande Casa Editrice come Rizzoli ha iniziato da tempo “Nero Rizzoli” la prima collana
dedicata interamente al Nero Italiano: un’incubatrice per far nascere e
crescere scrittori che hanno tanto da dire sulla società e sugli uomini. E non
è un caso!
Una caratteristica del genere Nero in Italia è l’attenzione
ai problemi sociali e la localizzazione nelle regioni, nelle città: così come
l’Italia è frammentata e diversa, così gli scrittori esprimono la loro cultura
e la caratteristiche delle loro città. Così c’è il giallo di Milano, di Napoli,
di Roma...ogni parte d’Italia viene scandagliata e gli scrittori raccontano
quello che conoscono molto bene, dandoci un quadro nel nostro Paese davvero
interessante.
*“Sara che aspetta” è
il racconto dove per la prima volta compare questa protagonista, pubblicato per
la prima volta nell’antologia “Sbirre”
(2018, Rizzoli) e ora in coda a “Le
parole di Sara”