La scrittrice Roberta Castelli e la spietata "ombra". Miniracconto per "Il vizio di scrivere - un giallo in venti righe"
Bruno aveva aperto gli
occhi affacciandosi su un buio alienante; la testa sembrava volergli scoppiare
e la sentiva pulsare, come fosse stretta da due mani forti e invisibili. Le
orecchie gli proponevano uno strano silenzio e l’aria era ferma, immobile come
la bomboniera di un matrimonio sopra una mensola piena di polvere. Ricordava
benissimo quella serata: era con Giorgio, fuori dalla sede della loro azienda,
e stavano litigando come sempre sui beni da spartirsi dopo la recente morte del
padre, che aveva deciso di dividere tutto in parti uguali tra i due figli. E
poi? Non ricordava molto altro, a parte quel colpo.
Sì… poteva sentire ancora l’eco delle urla, delle solite richieste assurde che solo un folle avrebbe potuto accettare. Giorgio voleva anche la metà della sua quota, pensava che gli spettasse di diritto perché lui era più grande, aveva trascorso molto più tempo in azienda a supportare il padre e, cosa più importante, aveva una moglie sanguisuga e due figli viziati da mantenere. Bruno invece era più giovane e single, ed era entrato in società da poco tempo. «Sei un idiota se pensi che ti regalerò anche una piccola parte di quello che spetta a me!» gli aveva risposto, poi il vuoto, non ricordava più niente. Il petto cominciava a fargli male per l’aria che si era fatta pesante, soffocandolo. Così aveva appoggiato di scatto entrambe la mani a terra per darsi la spinta ma i gomiti erano andati a sbattere contro qualcosa e la testa aveva urtato una superficie dura, ributtandolo giù di prepotenza. Il panico fu l’unica alternativa che ebbe, mentre con i palmi sudati tastava quello che lo circondava, rendendosi conto che era barricato dentro un rettangolo che somigliava molto a una cassa da morto. Si era messo a urlare fino a sputare sangue e urlò fino a quando, da una fessura che pian piano si dilatava, era apparsa l’ombra di suo fratello. Lo fissava dall’alto, muto e vendicativo. Poi una pala fece capolino e una cascata di terra umida lo avvolse, sempre più corposa, chiudendo i suoi occhi per sempre.
Sì… poteva sentire ancora l’eco delle urla, delle solite richieste assurde che solo un folle avrebbe potuto accettare. Giorgio voleva anche la metà della sua quota, pensava che gli spettasse di diritto perché lui era più grande, aveva trascorso molto più tempo in azienda a supportare il padre e, cosa più importante, aveva una moglie sanguisuga e due figli viziati da mantenere. Bruno invece era più giovane e single, ed era entrato in società da poco tempo. «Sei un idiota se pensi che ti regalerò anche una piccola parte di quello che spetta a me!» gli aveva risposto, poi il vuoto, non ricordava più niente. Il petto cominciava a fargli male per l’aria che si era fatta pesante, soffocandolo. Così aveva appoggiato di scatto entrambe la mani a terra per darsi la spinta ma i gomiti erano andati a sbattere contro qualcosa e la testa aveva urtato una superficie dura, ributtandolo giù di prepotenza. Il panico fu l’unica alternativa che ebbe, mentre con i palmi sudati tastava quello che lo circondava, rendendosi conto che era barricato dentro un rettangolo che somigliava molto a una cassa da morto. Si era messo a urlare fino a sputare sangue e urlò fino a quando, da una fessura che pian piano si dilatava, era apparsa l’ombra di suo fratello. Lo fissava dall’alto, muto e vendicativo. Poi una pala fece capolino e una cascata di terra umida lo avvolse, sempre più corposa, chiudendo i suoi occhi per sempre.
angosciante e spietato!
RispondiEliminaBrava