Tanti sono i modi del femminicidio: l’uomo non ha intenzione di uccidere, ma la morte è conseguenza delle violenze o incidentalmente di una caduta; l’uomo perde il controllo e uccide sapendo ciò che fa; l’uomo architetta un piano preciso prima di agire; violenza, stupro e morte nell’omicidio di gruppo; altri casi che le cronache purtroppo riportano di continuo, quando una donna viene uccisa per essere sostituita da un’altra più bella, più giovane, più ricca, o semplicemente perché il maschio, marito, amante vuole essere “libero” e trova la via più sicura per eliminare l’ostacolo, la morte. I thriller che il cinema e la tv ci propongono ogni giorno spesso sono ispirati a fatti reali, perché la realtà supera la fantasia.
Era
una regola nel passato, ma ancora oggi succede che la gente racconti i
femminicidi trovando “giustificazioni” per il maschio assassino, come se la
vittima fosse lui o come se il suo “onore” fosse stato violato. La donna da
vittima diventa imputata del fatto, perché ha provocato con atteggiamenti o
abiti succinti, ha istigato la violenza perché il maschio "ha la carne
debole", ha "gli ormoni che lo spingono", come se potesse essere
giustificato il mancato uso del cervello, della ragione, dell’etica e dell’autocontrollo.
E’ un atteggiamento radicato profondamente, che sento continuamente esprimere
dagli uomini – e anche dalle donne, come si vede nel pezzo che ho riportato in
precedenza- che mi scandalizza profondamente e che secondo me va combattuto con
tutte le forze.
Nel
Codice Penale, art. 587 – il Codice Rocco,
1930, tuttora in vigore pur con molte modifiche – era prevista una diminuizione della pena per il cosiddetto “delitto
d’onore”. “Chiunque cagiona la morte del
coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la
illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa
recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette
anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte
della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la
figlia o con la sorella”.
La
violenza sessuale veniva annullata con il “matrimonio
riparatore”.
Bisogna
aspettare il 1981 perché queste leggi vengano abrogate con la legge 442.
E’
importante capire che dietro ai delitti non sempre ci sono gravi disturbi di personalità o raptus: ma occorre prevenire e insegnare ai
soggetti deboli quei segnali che possano metterli in allarme e fare in modo che
riconoscano i pericoli prima che finiscano in dramma o tragedia.
E’
importante anche capire che per trattare i casi di violenza, agita o subita, ci
vogliono specialisti in grado di comprendere e trattare opportunamente i
soggetti coinvolti, supportare per lungo tempo le vittime, imporre un trattamento psichiatrico ai soggetti violenti: quindi è necessario organizzare un’opera di informazione e
aggiornamento di quei soggetti che sono preposti all’accoglienza delle vittime,
dalle forze dell’ordine, ai medici e infermieri, ai membri delle associazioni
di volontariato. Un lavoro molto importante e impegnativo.
Perché il
problema, da psichiatrico, diventa sociale.
Semplificando
molto voglio tracciare un profilo psicologico di soggetti che sono a maggior rischio di
violenza e della personalità criminale che arriva all’assassinio – secondo il DSM IV, Manuale diagnostico e statistico
dei disturbi mentali -. E’ fondamentale tener presente che il grado di
intensità in cui si manifestano le caratteristiche sotto indicate può essere
molto variabile: il soggetto può manifestare alcuni tratti più o meno marcati,
a seconda della gravità del suo disturbo, ma resta il fatto che di fronte a un
certo numero di azioni come quelle indicate, se reiterate nel tempo e con una
certa intensità, occorre prestare attenzione, allarmarsi, rivolgersi a centri
specializzati, a psicologi e psichiatri, assistenti sociali, per poter chiarire
il tipo di disturbo di personalità e la sua possibile pericolosità.
Il
disturbo di personalità antisociale (un
tempo definito come psicopatia e sociopatia) può manifestarsi con disturbi di
condotta anche prima dei 15 anni: è caratterizzato da almeno 3 delle seguenti manifestazioni:
2.
il
soggetto è disonesto, truffatore, mentitore, manipolatore e gode ad essere tale
(commette reati come aggressione a persone o animali, distrugge cose, ruba,
truffa, molesta, minaccia, abusa della fiducia altrui)
3.
il
soggetto è impulsivo, irritabile, collerico, aggressivo, non si controlla
4.
non
tiene conto delle conseguenze delle sue azioni né della sofferenza che procura
agli altri
5. non
ha senso di responsabilità (non riesce a conservare un lavoro regolare, a
mantenere una relazione, a pagare i debiti, sperpera il denaro familiare per
uso personale)
6.
se
è genitore non si cura dei figli, della loro nutrizione e igiene, li maltratta,
li abbandona
7.
non
riesce a fare progetti realistici per il futuro (trovare un lavoro, abitare
nello stesso luogo, creare una famiglia, fare un viaggio con un progetto
preciso)
8.
non
si cura della sicurezza propria e degli altri
9.
fa
uso di droghe, alcool farmaci e compie azioni pericolose sotto l’influsso di
queste sostanze
10. non
prova rimorso, senso di colpa, è indifferente alle emozioni altrui, le sue
emozioni sono “congelate” (pensa di aver ragione a ferire, maltrattare,
derubare gli altri)
Spesso
sono molto intelligenti, fascinosi, parlano bene, hanno grandi capacità di
persuadere e manipolare gli altri, a volte hanno qualità da leader e riescono,
con un certo malsano grado di autorevolezza a piegare la volontà di soggetti
deboli, sono capaci di attendere il momento opportuno per azzannare la preda. Sono
individui “gonfiati”, con un ego ipertrofico, si preoccupano solo di se stessi
e disprezzano gli altri; non sono emotivi, sono insensibili anche alle
condanne, non sopportano di essere umiliati, appena sentono un’esigenza, devono
passare all’azione per soddisfarla.
Spesso
nelle storie passate di questi individui ci sono esperienze di abusi e violenze,
traumi importanti, punizioni, vergogna, umiliazioni, agite contro di loro soprattutto
da figure importanti della vita infantile, oppure provengono da un ambiente
criminogeno.
Quando
un bambino o una bambina assistono a scene di violenza in famiglia o essi
stessi subiscono violenza, è più facile che poi da adulti utilizzino la
violenza quando si trovano in condizioni di stress, una offesa/difesa che
riproduce comportamenti conosciuti: e ovviamente i maschi sono più propensi
alla violenza fisica rispetto alle donne in relazione alla loro forza
muscolare, ma le donne sono abili nella violenza psicologica - e ovviamente possono essere assassine -.
Altra
cosa sono i soggetti che possono agire violenza
psicologica, meno eclatante, ma distruttiva per la psiche della vittima:
possono presentare disturbi del
comportamento e della personalità, arrivare al grado di gravità del
disturbo antisociale, ma molto spesso si presentano come del tutto “normali”.
Spesso i media riportano fatti clamorosi e dicono che i vicini sono stupiti
perché la famiglia, le persone coinvolte non davano segni di disadattamento.
Eppure….
(vedi
il mio testo “Sulla violenza psicologica” post aprile 2012)
E’
quindi necessario aiutare le donne ad acquisire conoscenza e consapevolezza, aprire gli occhi, identificare i pericoli e proteggersi per non
arrivare troppo tardi a piangere le vittime. Da una parte ci sono quelle più
forti che riescono a uscire da relazioni
violente e a denunciarle, ma ce ne sono tante, troppe che non riescono a
prendere le distanze e fuggire da uomini violenti, non si tutelano, non leggono
(o non sanno leggere) i segnali che preannunciano la catastrofe; ci sono donne
dipendenti che non riescono a vedersi autonome, donne che tollerano,
giustificano o sopportano alcuni comportamenti; donne che sono “vittime
designate”.
Di recente una donna è stata ferita con un colpo di pistola al fianco: non ha fatto nulla, è andata a dormire vicino al suo assassino: la mattina dopo questi le ha sparato ancora al petto. Solo la madre di lei pur schivando i colpi del mostro è riuscita a portare la figlia in ospedale dove è morta dopo una settimana d'agonia. Sembra incredibile, ma la verità è che alcune donne chiudono gli occhi fino a questo punto, subiscono fino a morire così. Una donna che subisce violenza non sa autotutelarsi, è annientata, non ha più autostima: questi sono punti fondamentale su cui bisogna lavorare psicologicamente e supportare fortemente e con continuità.
Bisogna
“educare” le donne a individuare le situazioni rischiose, i comportamenti
allarmanti, per mettere in discussione una relazione che non è amorosa, ma
pericolosa: l’amore non cambia la personalità, un uomo violento non cambia per
amore, la donna crocerossina si mette nei guai.
Meglio essere prudenti, cercare aiuto, chiedere a chi è esperto.
E
questo non vale solo per le donne adulte: a mio avviso l’educazione va
cominciata il più presto possibile, da persone competenti, è ovvio, anche dalla
5° classe elementare, prendendo spunto dai fatti che ormai anche i bambini sono
esposti ad ascoltare dai media, perché il cambiamento della cultura che porta
alla violenza cominci ad essere introiettata fin da piccoli, proprio perché è
da bambini che si forma la personalità che alla violenza è destinata.
Non c'è mai da illudersi che una persona possa cambiare - neppure con l'amore -. Perché il cambiamento si può ottenere solo con un atto di volontà forte del soggetto stesso e un lavoro psicologico duro, doloroso e faticoso fatto su se stessi. Per questo gli organi competenti dovrebbero sottolineare l'importanza del trattamento psicologico e psichiatrico dei soggetti violenti, imporlo per legge, sostenere chi lo esegue e i centri specializzati, ed educare i maschi, fin da piccoli, a una nuova mentalità.
Educazione
al rispetto della persona, fondamentale per maschi e femmine.
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