
Recensione di Tiziana Viganò già pubblicata sul portale MilanoNera
Non scorre sangue in
questo nuovo, eccellente lavoro di Donato Carrisi.
Il maestro del thriller esplora con la consueta abilità i misteri della mente umana, e non c’è
niente di più complesso, multiforme, difficile da penetrare ed esplorare. L’ipnosi è uno degli strumenti che si
possono usare per far emergere i ricordi sepolti nell’inconscio, e il protagonista,
il dottor Pietro Gerber, è uno psicologo
infantile noto per essere un addormentatore di bambini, un ipnotista
famoso a Firenze.
Fin dalle prime pagine (righe!) Carrisi catapulta in un mondo dove si incontrano memorie e immaginazione
che sfiorano il soprannaturale, quella mescolanza
di realtà, gioco e fantasia tipica della psiche infantile, dove i confini
sono labili. A volte i bambini creano falsi ricordi che agli adulti paiono
menzogne, ma per i piccoli sono esperienze reali: hanno una fantasia senza
freni che può far sembrare vero e credibile quello che non lo è. Ma putroppo
“nessuno vuole veramente ascoltare ciò che hanno da dire i bambini”
per capire ciò che vogliono o non vogliono, per svelare
verità non immediatamente comprensibili.
Entrano in scena una
bambina di dieci anni che ha nomi da principessa, Emilian, il bambino spettro, e Hanna
Hall, una donna di trent’anni, affetta da amnesia selettiva, mandata in
Italia da una psicologa australiana, alla ricerca di luoghi e riminiscenze che
plachino il terrore di essere stata l’assassina del fratellino Ado. Un buco nero nei suoi ricordi, che riemergerà
solo con l’ipnosi, perché per sopravvivere a un trauma è necessario negarlo,
come meccanismo di difesa.
Pietro si trova coinvolto nella terapia con questa
donna-bambina, al punto da esserne ossessionato e da trovare un legame tra la
sua storia personale e quella di Hanna. Strane cose gli accadono: sono i suoi
demoni, sono fantasmi, oppure è Hanna che vuole condurlo in un passato che
anche per lui è disturbante? Sarà Pietro ad aiutare Hanna o sarà lei ad aiutare
Pietro? La donna sta forse recitando una parte? Sicuramente Pietro dovrà guardare
i propri demoni e sciogliere i nodi che lo legano alla donna per riuscire a tornare
come prima.
“Per un bambino la famiglia è il posto più sicuro della terra. Oppure
il più pericoloso”.
I crimini in questo libro non sono i soliti omicidi, ma sono
altrettanto dolorosi e forse più sconvolgenti, sono crimini psicologici commessi su bambini molto piccoli. Esseri
indifesi che hanno come unico riferimento i genitori che li hanno messi al
mondo o comunque gli adulti che li allevano: sono in loro totale potere, in uno
stato di sottomissione. Se per lo più è vero amore, molte volte prende le
sembianze del malamore, frutto di devianza e disturbo psichico.
I capitoli si alternano: quelli che narrano le vicende di
Pietro e gli altri, in prima persona, della vita di Hanna che emerge sotto
ipnosi. L’attenzione del lettore si tende e rilascia come trascinata da un
elastico: l’ipnosi coinvolge anche noi,
possono affiorare anche paure di un passato lontano nel tempo, angosce comuni a
tutti i bambini.
“La
casa delle voci” (2019, Longanesi)
è un libro che apre la mente di chi legge a un mondo conosciuto di solito a chi
s’intende di psicologia e psichiatria, ma con l’abilità consumata dello
scrittore che riesce a catturare e inchiodare alle pagine con una suspense e un
intreccio che tolgono il fiato.
Un libro
straordinario, di uno scrittore di thriller difficilmente eguagliabile nel
campo dell’indagine criminologica.
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