venerdì 5 settembre 2014

11 settembre: poesia di Mirella Guerri



11 Settembre 2008



Ancora una volta sarà
quella data tremenda,
un dover ricordare lo strazio,
la lunga paura, la morte d’intorno.
Ancora ci fanno vedere
quei corpi che cadono,
il fumo, lo schianto,
il terrore sui volti che fuggono.

Quel giorno di sette anni fa
io ero al lavoro: in riunione.
Una collega mi chiama – vieni –
e mi porta fuori dall’aula, mi dice
- sai a New York è successo qualcosa,
lo dice la radio -
Un’altra incalza – sappiamo del figlio,
volevamo avvertirti -.
Cerco un telefono, vorrei chiamare, sapere,
non posso restare, l’angoscia m’assale.
Non sono più lì con la testa,
ma vicino a Wall Street dove il figlio lavora,
dove ha sentito la terra tremare,
visto crollare la torre,
ha soccorso persone ferite entrate
nel building a cercare riparo, un po’ d’acqua.
Poi sono con lui su quel ponte,
in fuga dalla città devastata.
Solo a piedi si sposta la gente:
un fiume che abbandona Manhattan.
Ore per arrivare in Astoria,
ma il telefono ancora non squilla,
famiglie distrutte che ancora non sanno
quanto è profondo l’inferno.

Il giorno seguente il computer
finalmente mi porta notizie:
- … tutto… bene… -
se bene si può dire
dopo aver provato l’indicibile.

Sono andata più volte intorno al cratere:
volevo vedere, intuire, soffrire,
trovare i messaggi, lasciarne a mia volta.
Ogni volta le lacrime, ogni volta senza capire
perché tanto male, questo odio,
questo modo perverso di distruggere il mondo.
Non ho trovato risposte.





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