13 novembre 2016 - Biblioteca di Rescaldina - sull'argomento "la
danza della realtà" Emy Bonza ha scritto questo bellissimo, emozionante racconto.
Fin
da piccola, i suoi occhi ebbero la visione di un mondo particolare. Vedeva i
movimenti della gente di tutti i giorni come su un filo, organizzati in moti
già scritti da un destino implacabile. Come in una scia di luce, vedeva il
fluire dei loro gesti verso le persone, o verso se stessi, disegnare la loro
vita in danze già viste fin dall’alba dei tempi, da quegli esseri che, da
lassù, guardano le nostre vite susseguirsi.
Per
queste sue visioni di danze monocorde, la bambina aveva deciso fin da piccola la
sua vita: essere una danzatrice e capire il perché dei movimenti della gente,
il perché di quelle scie che ci collegavano l’un l’altro, il perché della realtà
stessa. Così, sua madre la iscrisse ad un corso di danza, per poter capire fin
da piccola, il fluire dei movimenti e le gestualità di una vita scontata.
Mentre
cresceva, la bambina imparava non solo a perfezionare i suoi gesti, ma li
applicava alla realtà stessa dove, oramai, nessun gesto veniva dato per
scontato. Perché essere come tutti gli adulti che fanno gesti inutili?
No, si
disse, lei voleva essere diversa, voleva che le sue azioni derivassero dal
cuore, da ciò che la sua volontà voleva, e non già scritti da una mano
sconosciuta. Inoltre la bambina, facendosi grande, iniziò ad interessarsi al
valore della vita, alla scelta del destino, allo studio di quella filosofia che
sembra governare tutto.
Ogni
giorno non era che una nuova scoperta per lei. Spesso, quando aveva dei momenti
liberi, andava al parco della sua città, si metteva su di una panchina, diversa
ogni volta, e stava ore a fissare la vita della gente che scorreva sotto i suoi
occhi. Vedeva bambini giocare sugli scivoli e sulle altalene, in un movimento
fluido, bambinesco, con le risate che permeavano intorno a loro, riempiendoli
di luce. Vedeva cani correre nel loro gioco di vita, per sfogare la propria
adrenalina e divertirsi coi loro amici padroni. Tante persone passavano sotto i
suoi occhi di bambina, e successivamente di ragazza. Vedeva susseguirsi vite su
vite, legate da fili invisibili, mosse da movimenti già scritti. Vedeva il loro
fluire nelle scie di luce intorno a loro. E ogni volta rimaneva incantata. Da
bambina, i movimenti che vedeva gli serbavano ogni volta stupore. Ora, più
grande, a conoscenza di quella mano chiamata destino e delle filosofia che
permeava la vita di ognuno, studiava con più attenzione quei gesti scontati per
la gente. Nessun gesto la annoiava, nessun gesto gli sembrava monotono. Da
ognuno di essi si poteva imparare molto della vita di quella gente e del
destino che gli era capitato. Quante vite aveva visto scorrere davanti a lei!
Quante danze immortali si erano susseguite sotto i suoi occhi. Balli già visti,
ma nuovi ogni volta, di persone che passeggiavano mano nella mano o che
giocavano a pallone. E lei seguiva, con occhi stupiti, ogni movimento, ogni
danza, ogni espressione e ogni emozione.
La
ragazza infatti, danzando, aveva imparato che ogni movimento, se fatto col
cuore, trasmetteva emozioni.
E sapeva che quei gesti non erano avvolti solo dai
sentimenti più belli, ma anche da sensazioni che ti distruggevano. In un sol
gesto, si poteva scatenare forti emozioni come l’amore, o l’odio, o molteplici
altre. L’aveva imparato fin da bambina, vedendo l’umore della gente cambiare
con un cenno. Ecco perché non ne dava più per scontato nessuno.
Chi
la conosceva, sapeva che la ragazza teneva molto alla danza quanto a conoscere
i segreti della vita, nascosti in una realtà difficile da spiegare.
Non
nascondeva a nessuno la sua idea che la vita fosse fatta di danze già scritte,
e che stava ad ognuno di noi arricchirle trasmettendo emozioni, o lasciare che
il burattinaio ci manovri come se la sua volontà fosse nostra.
Non le importava
di essere considerata pazza o allucinata, non le importava proprio di ciò che
pensava la gente. Il suo unico scopo era quello di capire la danza che ci
avvolgeva tutti, nella realtà che faceva da sfondo.
Ognuno ha le sue idee,
pensava, e ognuno è libero di pensare ciò
che vuole sulla vita che ci circonda. Ma perché credere alle parole di tutti quando
tu potresti capire più di quanto la gente veda?
Non
credeva di esser speciale con questo, anzi. Si considerava una persona come
tante, come quelle che vedi quando cammini per strada, che le sfiori con lo
sguardo e un secondo dopo te ne sei già dimenticato. Eppure, sapeva che quelle
luci danzanti dei movimenti della gente, erano una cosa solo sua, una cosa che
solo lei poteva vedere e capire. Eppure, poteva essere insegnata.
La
ragazza crebbe, e si fece donna. Ma questa nuova lei non rinunciò alle idee e
al vedere la danza delle persone. Molti le andarono contro, molti provarono a
costringerla a smettere di pensare a cose impossibili. Lei non lo fece mai.
Andò avanti a studiare la vita delle persone e la filosofia che circondava la
realtà, continuando la sua vita di danzatrice, trasmettendo emozioni alla
gente. E ora che si era fatta donna, poteva trasmettere questa visione del
mondo anche ad altri bambini, per poter aiutare il mondo ad avere gente che
sapesse vivere appieno la propria vita, nella realtà che lo circondava.
Divenne
così insegnante di danza, e con ogni lezione di ballo che impartiva ai suoi
ragazzi, corredava il tutto con riflessioni profonde che solo pochi bambini
ascoltavano e elaboravano nella propria mente, facendole loro. Essi divennero i
suoi allievi più promettenti e bravi. Gli altri ragazzini e ragazzine, erano
gelosi di quella preferenza, poiché anche quando facevano una coreografia
perfetta, la loro maestra lodava sempre quei pochi ragazzi scelti, e quasi mai
loro.
Un
giorno, i bambini oramai fattisi ragazzi, le chiesero spiegazioni.
L’insegnante sorrise a quella domanda, poiché si aspettava che da un momento
all’altro gliel'avrebbero fatta, ma il suo sguardo si oscurò un poco. Stette un
momento in silenzio, guardandosi nel grande specchio che copriva la parete di
fronte a loro. Infine sospirò.
“Mi
chiedete perché lodo loro anche se sbagliano, e non voi. Ma vi darò una
risposta solo se la volete davvero sentire.” Li guardò, e loro
contraccambiarono lo sguardo, curiosi di sapere quale scusa si sarebbe
inventata. La maestra proseguì, consapevole che solo pochi di loro, forse,
avrebbero riflettuto sulle sue parole.
“Avete
mai pensato a quanto la vita sia breve e monotona? Non vi capita mai di dirvi,
nella mente, ‘questo è un giorno come un altro’? Beh, le altre ragazze no.
Loro
hanno capito, fin dalle mie prime lezioni, quanto le emozioni siano importanti
per questa vita; non hanno accettata questa realtà, ma ne hanno creata una
migliore, dando importanza ai gesti di tutti i giorni, dando luce alla propria
realtà.
Per questo mi schiero sempre dalla loro parte anche se sbagliano,
perché loro in ciò che fanno ci mettono emozione, non lo fanno tanto per fare.
Loro vogliono creare qualcosa, vogliono lasciare
qualcosa. Voi no, voi non date importanza a niente. E non posso insegnarvi a
danzare se non imparate a vivere. Ma non è troppo tardi, non lo è mai. Prendete
in considerazione meglio la realtà che vi circonda, guardatela, studiatela, e
vedrete quante danze già scritte ci sono intorno a voi. Volete davvero essere
come tanti, o volete lasciare qualcosa anche voi?” detto questo, se ne andò,
salutandoli con un sorriso triste, ma con un accenno lieve di speranza.
Come
lei aveva già capito, molti di quei ragazzi non l’ascoltarono, e cancellarono
immediatamente le sue parole, archiviandole come cavolate di una svitata. Con
quelle parole avevano sancito l’addio delle lezioni con quella maestra per loro
pazza.
Eppure,
due ragazzi, un ragazzo e una ragazza, iniziarono a riflettere su quelle
parole. Iniziarono a studiare la loro realtà come l’insegnate gli aveva
consigliato, e videro quanto la loro vita fosse priva di emozione. Allora
decisero.
Si
ripresentarono una settimana dopo alle lezioni. Quando la donna li vide
entrare, fece un sorriso radioso. Fu fiera di ciò che, pian piano, stava
riuscendo a trasmettere al mondo. Li guardò con intensità e disse: “siete
pronti ad imparare la vostra danza?”
I
due sorrisero e si misero allineati con gli altri ragazzi.
E
la loro realtà fu immersa nelle emozioni di una danza irripetibile.
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RispondiEliminaBrava Emy!Continua così, hai tutte le carte per "una danza irripetibile"
RispondiEliminaM
Da brivido...brava!!
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