pubblicato su:
https://www.sololibri.net/Intervista-Luca-Sciortino-libreria-Oltre-e-un-cielo-in-piu.html
- Luca Sciortino è scrittore, viaggiatore e
giornalista. Lavora per la rivista Panorama e pubblica saggi
di filosofia, fotoreportage di viaggio e racconti. Ma vorrei sentire da
te: chi è Luca Sciortino?
Semplicemente una persona
curiosa, innamorata della diversità del mondo, e con una naturale disposizione
a porsi domande su questa complessa diversità.
Come scrittore sono una persona non facilmente etichettabile: le mie
pubblicazioni spaziano dai reportage foto-giornalistici, ai racconti, agli
articoli di divulgazione scientifica fino agli articoli accademici di
filosofia. Il mio stesso curriculum vitae include studi in apparenza differenti
come la laurea in fisica teorica e il dottorato in filosofia. In realtà, questa
produzione variegata è frutto della mia disposizione naturale a esplorare
prospettive e approcci differenti alle domande che mi pongo e della mia
insofferenza a rinchiudermi in una singola disciplina. Penso che la realtà sia
multidimensionale e che sia importante vivere apprezzandola in tutti i suoi
aspetti, per quanto ci è possibile. Esistono prima di tutto le domande, poi le
risposte possono richiedere di volta in volta uno o più metodi differenti,
magari appartenenti a discipline diverse di studio. Porsi domande sulle cose,
essere aperti alla diversità degli approcci e dei metodi e riflettere sui loro
limiti è un'attitudine tipicamente filosofica.
- Posto che il “mezzo
del cammin di nostra vita” si è spostato un po’ più avanti rispetto a
Dante, ti sei trovato in un momento in cui sentivi l’inquietudine del
vivere in una società che ti sta stretta, la routine, le mille regole e
costrizioni, i rimpianti per le cose non fatte ancora….così hai preso una
decisione.
Io vedo l'avventura, i
libri e l'amore per gli esseri umani come tre forme diverse di viaggio.
Un'avventura ti fa viaggiare nello spazio o in culture differenti; un libro in
una storia, in un sistema di pensiero, in una vita; l'amore nell'universo
interiore ed esteriore di un altro essere umano. Io cerco di nutrire la mia
vita quanto più posso con queste tre forme di viaggio. Ciò vuol dire cercare giorno per giorno il
modo per farlo in circostanze che possono anche essere sfavorevoli. Il mio
viaggio dalla Scozia al Giappone, che ho raccontato in “Oltre e un cielo in più”
(Sperling & Kupfer), rappresenta la soluzione, in un particolare momento
della mia esistenza, al problema di nutrire la mia vita con il viaggio, in una
delle tre forme appena descritte.
- Parlaci del momento in
cui ti è venuta l’idea di fare questo viaggio
Mi trovavo nell'isola di
Skye, in Scozia, per una breve vacanza dalla vita accademica: in quel momento
ero Research Fellow in filosofia della scienza all'università di Leeds, nel
nord dell'Inghilterra. Dopo quattro mesi sarei dovuto tornare in Italia. Ho
deciso di impiegarli nel modo migliore, mettendomi in cammino per vedere le
culture cambiare dalla Scozia a Giappone. A spingermi a partire è stato un
desiderio di conoscenza, di libertà e di autonomia. Volevo costruirmi il mio personale
percorso attraverso Kazakistan, Russia e Mongolia per raggiungere il lontano
Oriente. Oggi, molti viaggiano seguendo traiettorie stabilite da agenzie
turistiche e con mezzi di trasporto che non permettono di vedere come cambiano
volti, culture, paesaggi, mentalità. Io volevo costruire la mia personale
traiettoria.
- Quindi ti sei messo in viaggio dalla Scozia, e il
tuo è stato un cammino di diciottomila chilometri, lento e senza un
progetto fisso, fatto con mezzi che ti hanno permesso di goderti il percorso
fino alla tua Itaca, un’Itaca interiore, che però ha un nome concreto,
Tokyo. Spiegaci questo tuo andare…
Il
mio andare è stato a tratti un “errare”, un essere “errabondo”. Ogni giorno cercavo il
modo per andare avanti, con qualunque mezzo possibile, con il solo vincolo di
fermarmi dove vi era la possibilità di conoscere o di vedere la bellezza di
nuovi luoghi. L'etimologia latina di “errabondo” suggerisce l'idea di “errore”:
viaggiare in questo modo, senza una meta sicura e un percorso già stabilito,
significa mettere alla prova se stessi e le nostre idee, sottoporsi alla
possibilità dell'errore, per imparare e disimparare, per abbandonare i
preconcetti, per conoscere i propri limiti.
- Tu, da filosofo, senti un’esigenza di profondità, di
conoscenza, una sete che ti guida verso l’infinito. Per andare oltre le
cose materiali, ma anche oltre i propri limiti, come hai detto.
Sì appunto. Quella del
superare i propri limiti è da sempre la tensione dei grandi viaggiatori. Ulisse disconobbe i limiti posti alla conoscenza dell’uomo
e andò impavido verso ciò che non conosceva, oltre le colonne d’Ercole.
Il mio libro è un inno al coraggio di violare gli schemi imposti dalla società; è un
invito a lasciare tutto per un po’ e mettersi in cammino, almeno per un tratto
della propria vita; è un incitamento a conoscere per curare il proprio
spirito.
- “La strada la fai andando” dici nel tuo libro: hai detto che sei andato
accettando gli eventi che ti si presentavano, accettando il Caso, la
contingenza, la non-necessità…
“La strada la fai andando”
è un’espressione del poeta Machado (“caminante no hay camino, se hace el camino
al andar”) che io uso per indicare un tipo di viaggio che è esattamente il contrario
di quello del turista. Quest’ultimo vive un’esperienza precostituita da altri e
percorre sentieri battuti da milioni di altri turisti come lui. Io trovavo il
modo per andare avanti di giorno in giorno, decidendo in base alle circostanze,
avendo in mente una meta che non ero nemmeno sicuro di poter raggiungere. La
mia traiettoria finale riflette me stesso, le mie scelte, che sono state
determinate da diversi fattori: la meta che volevo raggiungere, ciò che ho
amato e ciò che è stato più forte di me nella via. Quando ho visto la mia
traiettoria finale tracciata su una cartina ho visto me stesso, come in quel
racconto di Borges in cui un pittore che voleva dipingere il mondo scoprì lui
stesso nelle linee tracciate nella tela.
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