giovedì 10 maggio 2018

Intervista di Tiziana Viganò a Luca Sciortino: "Oltre e un cielo in più"

La nostra collaboratrice Tiziana Viganò ha intervistato per Sololibri lo scrittore Luca Sciortino, ponendogli alcune domande sul suo ultimo libro Oltre e un cielo in piùedito da Sperling & Kupfer nel 2018. 
pubblicato su:
https://www.sololibri.net/Intervista-Luca-Sciortino-libreria-Oltre-e-un-cielo-in-piu.html


  1. Luca Sciortino è scrittore, viaggiatore e giornalista. Lavora per la rivista Panorama  e pubblica saggi di filosofia, fotoreportage di viaggio e racconti. Ma vorrei sentire da te: chi è Luca Sciortino?
Semplicemente una persona curiosa, innamorata della diversità del mondo, e con una naturale disposizione a porsi domande su questa complessa diversità.  Come scrittore sono una persona non facilmente etichettabile: le mie pubblicazioni spaziano dai reportage foto-giornalistici, ai racconti, agli articoli di divulgazione scientifica fino agli articoli accademici di filosofia. Il mio stesso curriculum vitae include studi in apparenza differenti come la laurea in fisica teorica e il dottorato in filosofia. In realtà, questa produzione variegata è frutto della mia disposizione naturale a esplorare prospettive e approcci differenti alle domande che mi pongo e della mia insofferenza a rinchiudermi in una singola disciplina. Penso che la realtà sia multidimensionale e che sia importante vivere apprezzandola in tutti i suoi aspetti, per quanto ci è possibile. Esistono prima di tutto le domande, poi le risposte possono richiedere di volta in volta uno o più metodi differenti, magari appartenenti a discipline diverse di studio. Porsi domande sulle cose, essere aperti alla diversità degli approcci e dei metodi e riflettere sui loro limiti è un'attitudine tipicamente filosofica.

  1. Posto che il “mezzo del cammin di nostra vita” si è spostato un po’ più avanti rispetto a Dante, ti sei trovato in un momento in cui sentivi l’inquietudine del vivere in una società che ti sta stretta, la routine, le mille regole e costrizioni, i rimpianti per le cose non fatte ancora….così hai preso una decisione.
Io vedo l'avventura, i libri e l'amore per gli esseri umani come tre forme diverse di viaggio. Un'avventura ti fa viaggiare nello spazio o in culture differenti; un libro in una storia, in un sistema di pensiero, in una vita; l'amore nell'universo interiore ed esteriore di un altro essere umano. Io cerco di nutrire la mia vita quanto più posso con queste tre forme di viaggio.  Ciò vuol dire cercare giorno per giorno il modo per farlo in circostanze che possono anche essere sfavorevoli. Il mio viaggio dalla Scozia al Giappone, che ho raccontato in “Oltre e un cielo in più” (Sperling & Kupfer), rappresenta la soluzione, in un particolare momento della mia esistenza, al problema di nutrire la mia vita con il viaggio, in una delle tre forme appena descritte. 

  1. Parlaci del momento in cui ti è venuta l’idea di fare questo viaggio
Mi trovavo nell'isola di Skye, in Scozia, per una breve vacanza dalla vita accademica: in quel momento ero Research Fellow in filosofia della scienza all'università di Leeds, nel nord dell'Inghilterra. Dopo quattro mesi sarei dovuto tornare in Italia. Ho deciso di impiegarli nel modo migliore, mettendomi in cammino per vedere le culture cambiare dalla Scozia a Giappone. A spingermi a partire è stato un desiderio di conoscenza, di libertà e di autonomia. Volevo costruirmi il mio personale percorso attraverso Kazakistan, Russia e Mongolia per raggiungere il lontano Oriente. Oggi, molti viaggiano seguendo traiettorie stabilite da agenzie turistiche e con mezzi di trasporto che non permettono di vedere come cambiano volti, culture, paesaggi, mentalità. Io volevo costruire la mia personale traiettoria.

  1. Quindi ti sei messo in viaggio dalla Scozia, e il tuo è stato un cammino di diciottomila chilometri, lento e senza un progetto fisso, fatto con mezzi che ti hanno permesso di goderti il percorso fino alla tua Itaca, un’Itaca interiore, che però ha un nome concreto, Tokyo. Spiegaci questo tuo andare…
Il mio andare è stato a tratti un “errare”, un essere “errabondo”. Ogni giorno cercavo il modo per andare avanti, con qualunque mezzo possibile, con il solo vincolo di fermarmi dove vi era la possibilità di conoscere o di vedere la bellezza di nuovi luoghi. L'etimologia latina di “errabondo” suggerisce l'idea di “errore”: viaggiare in questo modo, senza una meta sicura e un percorso già stabilito, significa mettere alla prova se stessi e le nostre idee, sottoporsi alla possibilità dell'errore, per imparare e disimparare, per abbandonare i preconcetti, per conoscere i propri limiti.

  1. Tu, da filosofo, senti un’esigenza di profondità, di conoscenza, una sete che ti guida verso l’infinito. Per andare oltre le cose materiali, ma anche oltre i propri limiti, come hai detto.
Sì appunto. Quella del superare i propri limiti è da sempre la tensione dei grandi viaggiatori. Ulisse disconobbe i limiti posti alla conoscenza dell’uomo e andò impavido verso ciò che non conosceva, oltre le colonne d’Ercole. Il mio libro è un inno al coraggio di violare gli schemi imposti dalla società; è un invito a lasciare tutto per un po’ e mettersi in cammino, almeno per un tratto della propria vita; è un incitamento a conoscere per curare il proprio spirito.

  1. “La strada la fai andando” dici nel tuo libro: hai detto che sei andato accettando gli eventi che ti si presentavano, accettando il Caso, la contingenza, la non-necessità…
“La strada la fai andando” è un’espressione del poeta Machado (“caminante no hay camino, se hace el camino al andar”) che io uso per indicare un tipo di viaggio che è esattamente il contrario di quello del turista. Quest’ultimo vive un’esperienza precostituita da altri e percorre sentieri battuti da milioni di altri turisti come lui. Io trovavo il modo per andare avanti di giorno in giorno, decidendo in base alle circostanze, avendo in mente una meta che non ero nemmeno sicuro di poter raggiungere. La mia traiettoria finale riflette me stesso, le mie scelte, che sono state determinate da diversi fattori: la meta che volevo raggiungere, ciò che ho amato e ciò che è stato più forte di me nella via. Quando ho visto la mia traiettoria finale tracciata su una cartina ho visto me stesso, come in quel racconto di Borges in cui un pittore che voleva dipingere il mondo scoprì lui stesso nelle linee tracciate nella tela.

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