recensione di Tiziana Viganò
Un libro sulle migrazioni, per riflettere sui sentimenti che suscitano
Un libro sulle migrazioni, per riflettere sui sentimenti che suscitano
Siamo abituati al clamore
dei media nei riguardi dell’argomento migrazioni, sbarchi, naufragi: molto
chiasso, polemiche assurde, denunce e diatribe, tantissime parole, pochi fatti.
Il razzismo e la paura di essere invasi si confrontano con il tentativo di
salvare i disgraziati che scappano da situazioni terribili – spesso
inimmaginabili da chi se ne sta quieto quieto nella sua bella casa europea –
con risultati per lo più discontinui, spesso poco efficaci se non in troppi
casi, fallimentari. Perché fermare la migrazione è come fermare l’oceano con
una piccola diga, e quello a cui assistiamo ogni giorno è solo la punta di un
iceberg di cui non si possono prevedere le dimensioni. Troppi dimenticano che la storia dell’uomo è
storia di migrazioni, fin da quando il primo homo erectus, oltre due milioni di anni fa, ha cominciato a
camminare e, partendo dall’Africa, ha colonizzato il mondo.
I dati sono incerti, ma a
partire dal 3 ottobre 2013, giorno della strage di Lampedusa di cui si parla in
questo libro, sono13288 (fonte UHNRC- Corriere della sera) i morti che vagano
senza pace nelle splendide acque del nostro Mediterraneo, che ormai pare più un
cimitero che la culla della civiltà. E i dispersi? Molti di più.
E’ un libro
particolarmente interessante, “L’Ottico
di Lampedusa” di Emma-Jane
Kirby, reporter della BBC, per la quale ha lavorato come
corrispondente estero, e corrispondente delle Nazioni Unite da Ginevra.
La voce della scrittrice
è ben diversa da quelle di tanti suoi colleghi giornalisti, non si mescola con
le irritanti grida, polemiche, diatribe: ci propone il dramma dei migranti da
un altro punto di vista, si piega con pietà e compassione (cum-patior), condivide il dolore, coglie i sentimenti e le emozioni
che suscitano negli animi i drammi di tanti esseri umani.
Una tonalità di scrittura
discreta e per questo molto intensa permea le pagine del libro, quasi che la
scrittrice avesse il pudore di entrare nelle anime dei protagonisti stretti
nella sofferenza: ma si percepisce anche netta la sua partecipazione perché le
pagine salgono di tono e di drammaticità fino a farci sentire le grida di
dolore parossistico, urlate o silenziose, che penetrano nell’anima del lettore.
I dati sono incerti, ma a
partire dal 3 ottobre 2013, giorno della strage di Lampedusa di cui si parla in
questo libro, sono13288 (fonte UHNRC- Corriere della sera) i morti che vagano
senza pace nelle splendide acque del nostro Mediterraneo, che ormai pare più un
cimitero che la culla della civiltà. E i dispersi? Molti di più.
Il libro racconta una
storia vera, realmente accaduta a Carmine, l’ottico di Lampedusa, un negoziante
che ha cercato tranquillità nell’isola e un giorno di fine estate, proprio quel terribile 3 ottobre 2013, decide
di uscire in mare a pescare con un gruppo di amici: tra le onde, a poca
distanza dalla terraferma, centinaia di corpi si dibattono tra le onde, in
mezzo ai compagni morti. Gli otto amici, che fino a quel momento avevano solo
ascoltato un po’annoiati le notizie degli annegamenti dei migranti nel Mediterraneo
ora si trovano nel mezzo di un’azione di salvataggio estremo: su una barchetta
da diporto, con un solo salvagente, recuperano quarantasei uomini e una donna
vivi fino a che la Guardia Costiera interviene e li rimanda a terra.
Cosa avviene nell’anima
degli otto salvatori?
Niente sarà come prima:
il trauma lo sconforto di lasciare ancora tanti corpi ad affogare, il senso di
colpa, la consapevolezza che la loro opera è stata solo un piccolo intervento
in un mare di necessità, incubi, angoscia e depressione si alternano in questi
uomini e donne che sanno che il problema è così vasto da non poter essere
facilmente risolto e si sentono totalmente impotenti. Anche i sommozzatori
esperti si ritrovano a piangere silenziosamente dopo aver estratto dalla stiva
una serie di cadaveri che si tengono strettamente per mano e perfino una donna
con un neonato attaccato al cordone ombelicale….
Un uomo normale racconta
la sua storia, leggendo non ne conosciamo neppure il nome, perché è sempre
chiamato “l’ottico”, perché potrebbe essere ognuno di noi. E simbolicamente,
come per la sua professione, dà un punto di vista diverso su un argomento di
cui tutti parlano ma poco sanno, il fattore umano, il senso della solidarietà
umana, lo scavo delle emozioni, quello che più colpisce in questo bel libro che
fa riflettere e scuote l’anima.
Salani editore
pagg. 196
€ 14,90
Nessun commento:
Posta un commento