articolo di Tiziana Viganò
La ragazza volta il viso verso l’interlocutore, un
raggio di luce riflessa illumina gli occhi e un orecchino: è una grande sfera
di vetro perlaceo che cattura l’attenzione, il bianco della perla e il bianco
degli occhi sono punti di luce viva eppure calda.
Il vetro è trasparente e fragile, la ragazza è trasparente e
sembra sussurrare all’interlocutore la sua fragilità.
La figura è di tre quarti, mostra solo un’apertura parziale
verso l’artista. L’ovale è perfetto con la rotondità giovanile delle guance, la
pelle chiara, le labbra rosa e corallo leggermente socchiuse, umide, anch’esse
toccate dalla luce.
C’è qualcosa di conturbante in quello sguardo: innocenza,
mistero, languore, un’ombra di seduzione.
Indossa un abito semplice e quotidiano, una giacca
giallo ocra col collo bianco; sul capo ha un turbante con una fascia del colore
dei lapislazzuli, che le incornicia il viso con pieghe morbide, sì, ma che non
lasciano scappare neppure un capello, e scende sulle spalle con un velo giallo.
Sullo sfondo scuro della stanza la ragazza è bellissima, di
una bellezza che incanta, affascina, innamora… ed è fissata per sempre sulla
tela immortale.
Così appare quest’immagine in un salone in penombra,
illuminata solo discretamente dai faretti per non sciupare la sua incantevole
perfezione: un quadro piccolo, incorniciato con un largo legno dorato, dipinto
nel 1665 da Jan Vermeer, un pittore quasi dimenticato dopo la sua morte e
riscoperto solo a fine ‘800 dalla critica d’arte.
Era un buon padre di famiglia e rispettabile borghese
di Delft, Vermeer, dipinse quadri di ambiente borghese, interni semplici, dove
il silenzio e la solitudine permeavano l’atmosfera, con soggetti tratti dalla
vita quotidiana, ma vera protagonista è la luce: il pittore cercava la luce – e
questo lo accomuna a tanti artisti - …ma ha trovato altro.
“Vermeer più che la luce ha trovato il colore, un colore
vero, dato nella sua assolutezza di colore. Se in Vermeer la luce conta, è
perché anche la luce ha un colore, il colore di luce, e quel colore lo vede
come un colore per se stesso, come luce, e ne vede, e ne isola, anche, se è
vista, l’ombra, vincolo indissolubile di luce. Nemmeno i volumi contano per
lui, intrisi di luce, macerati dalla luce, balzati in avanti, protesi ventri
gravidi, con tanto pudore, tanta ansia, con tanto dolce trepidare da lui
ritratti. Conta il colore. Son dunque fantasmi quelle persone, la moglie, o una
figlia, o lui stesso, quelle persone familiari ritratte, quegli oggetti
consueti, evocati? E’ possibile. Il vero resta nella giusta sua misura, pure
scappandone e divenendo metafisico, facendosi idea, forma immutabile, per non divenire
alla fine se non puro colore, o meglio, accorta misurata distribuzione di puri
colori, l’uno nell’altro compenetrandosi, l’uno dall’altro isolandosi”
(Giuseppe Ungaretti, 1967)
Chi meglio del “poeta della luce” può descrivere da
suo pari l’essenza di un’arte pittorica affascinata dalla luce?
La “Ragazza con l’orecchino di perla” è per sempre un’icona,
e chi la vede non la dimentica più: è diventata parte del nostro inconscio collettivo,
per noi tutti che abbiamo bisogno di fissarci modelli universali di
riferimento. Molti l’hanno paragonata a
una Gioconda del Nord, molti critici hanno contestato la mostra bolognese: ma
in soli tre mesi 600.000 occhi hanno osservato per qualche attimo, attentamente
o distrattamente non importa, un momento di vera e assoluta Bellezza, che ha
portato sollievo e arricchimento in un mondo che ne ha un bisogno estremo.
Nella bellissima mostra bolognese che chiude il 25
maggio 2014 “Il mito della Golden Age: da Vermeer a Rembrandt” hanno trovato
posto splendidi quadri dei grandi paesaggisti olandesi, le nature morte, i
ritratti, quattro splendidi Rembrandt e altri quadri di Frans Hals, Ter Borch,
Claesz, Van Goyen, Van Honthorst, Hobbema, Van Ruisdael, Steen (tutti
provenienti dal Mauritshuis a L’Aia), ma la “Ragazza” è rimasta assoluta e
unica protagonista perché ha colpito al cuore, più che alle menti.
La luce di Vermeer
"Ragazza sorridente con soldato": particolare (1655-60). New York, Frick Collection |