Dopo “I
delitti dell’orto” (2017, Happy hour edizioni) ritorna Onorina, l’acuta vecchietta di Maranese, un paese come tanti nell’hinterland a nord di Milano, una
sola grande città metropolitana, dove le case hanno una continuità non del
tutto separata da boschetti superstiti, aree protette dalla speculazione
edilizia e campi coltivati, dove ogni Comune apparentemente si fonde
nell’altro. In realtà ogni nucleo ha una storia che lo distingue da quello
limitrofo, ha case antiche, una o più chiese che spesso conservano tesori
d’arte, una villa nobiliare dove i ricchi milanesi da secoli avevano la dimora
di campagna, con annesso bellissimo parco.
Proprio in una di queste Ville, in una zona affrescata nel
Settecento, qualcuno ha rubato un quadro
barocco raffigurante l’Immacolata e ha lasciato a terra un uomo, con la
testa spaccata e una fascetta da elettricista attorno al collo, Mario Ardenghi,
uno dei volontari dell’associazione “Amici di Maranese” che ruotano per far la
guardia agli affreschi.
Il libro ci introduce subito in quest’atmosfera paesana dove le notizie corrono di bocca in bocca con la
velocità della luce, cambiando subito la percezione delle cose e della gente:
ecco la bottega della Giulia, la fürnarina dove le comari si raccontano
l’ultima novità, nientemeno che un delitto. Ed ecco la sciura Marpol, che sta passando un brutto momento, con il suo
cuore che fa i capricci, la nostalgia per la buonanima Osvaldo, tanto amato, per
i figli e anche per la collaborazione alle indagini dell’ispettore Ascione che
le avevano movimentato la vita: troppo vuoto intorno a lei, non sta bene e
finirà in ospedale...ma anche da lì potrà dirigere il suo gruppo di “ortisti” e dare ottime idee per
risolvere il delitto.
Come in un giallo classico
inglese d’altri tempi, dove i cottage ornati di fiori e i garden ben curati
vengono animati da delitti non troppo
cruenti, ma dove la polvere del passato, nascosta sotto i logori tappeti,
viene alla luce portando all’estremo emozioni sopite, ecco che anche Maranese
ha i suoi cold case irrisolti, colpe
gravi da seppellire, pettegolezzi di donne e vecchiette attorno ai tavolini da
tè o da caffè.
Invece dei cottage in “Fughe
e ritorni” vediamo le case moderne un po’ anonime dell’hinterland e invece
dei garden gli orti ben coltivati, magari in modo nuovo, biologico,
ecosotenibile, ma l’atmosfera è particolare.
L’ispettrice Elisabetta Limonta della Squadra Mobile di
Milano ha sostituito l’ispettore Ascione, mandato a Torvaianica: il suo arrivo
porta scompiglio nel commissariato di Maranese, del resto lei non si fa amare,
fin dal primo giorno si dimostra dura, acida, scostante. Dietro la corazza
nasconde dolore e una grande preoccupazione, riusciranno il nuovo ambiente e i
nuovi colleghi a far sciogliere un po’ i suoi nodi? Anche la squadra, Ferrario,
Lojacono, Mussi e Mastronardi, l’audace medico legale Cristiana Ducci sono
tutti personaggi descritti nella loro semplice e calda umanità, con emozioni e problemi
quotidiani, con le loro “Fughe e ritorni”:
persone e ambienti formano un affresco realistico accattivante che i lettori
abitanti nella zona riconosceranno sorridendo, e divertiranno chi non lo è.
“Fughe e ritorni”
è un romanzo per tutti, per i giallisti accaniti e per chi non ama il genere, si
legge velocemente, con il suo stile fluido e scorrevole, l’ironia sottile piacevole
e divertente: non gronda sangue, ma ha una suspence in crescendo, affronta
episodi che accadono nella cronaca nera quotidiana, trova nell’ambientazione e
nei personaggi i suoi punti di forza.
“Fughe e ritorni: la sciura Marpol indaga ancora”
di Miriam Donati e Anna Maria Castoldi
Scatole Parlanti edizioni, 2018
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