Il vizio di scrivere, 3 luglio 2016: Sull'argomento estratto "Depositati dal mare" Gianni Papa ha scritto un racconto con quell'umorismo nero adatto all'estate perchè "agghiacciante"! "L'ultima vacanza"
Grazie a un buon conguaglio Inps nello stipendio di
luglio, avevo potuto portare i miei figli a Scauri. Due settimane in un residence
sul mare, con spiaggia privata annessa, per duemila euro. Uno sproposito, ma in
fondo era la prima volta che avevo dei soldi da spendere per loro.
La terza mattina, li avevo tirati giù dal letto
presto.
- Claudio! Tiziano! Se non andiamo adesso, poi la
sabbia è troppo bollente. Sbrigatevi.
Entrambi avevano gli occhi cisposi e si
stiracchiavano indolenti tra le lenzuola, cercando i cuscini. Li sollevai di
peso, erano piccoli. Sei e otto anni di magrezza e muscoli.
La loro mamma era morta in uno strano incidente
domestico, scivolando per le scale su una barca a rotelle di Claudio. In preda
allo strazio, mi ero allontanato in un posto che conoscevo solo io, tra i
monti, lasciandoli ai miei genitori con la promessa che, quando fossi stato in
pace con me stesso, mi sarei fatto rivedere. Poi mi era arrivato questo
conguaglio inaspettato, frutto di una ristrutturazione edilizia, e mi era
sembrata l’occasione per fare una prova di convivenza e pensare a un futuro
insieme. Ma non era andata bene. Me ne ero accorto alla fine del secondo
giorno, che dovevo liberarmi di loro.
Dopo molta fatica, sette biscotti e due bicchieri
di succo alla pera, riuscimmo a raggiungere la spiaggia. I bambini, recuperando
improvvisamente le forze, rimasero estasiati a camminare con i piedi nell’acqua
della riva, a guardare i primi appassionati di jogging che rasentavano il
bagnasciuga, i due fidanzatini che camminavano lentissimi mano nella mano
guardando le impronte lasciate dai loro piedi sulla sabbia.
- Papà, è bellissimo – disse Tiziano – Possiamo
fare il bagno?
Sovrappensiero, non risposi. Ero ipnotizzato dal
sole rasente sul mare e perso nelle mie congetture di delitto perfetto.
- Papà! - ripeté Tiziano – Possiamo fare il bagno?
Stavolta ascoltai. Pensai che, se si fossero
buttati in acqua, avrebbero potuto fare la pipì in immersione e dunque il mio
piano sarebbe andato a rotoli. Di solito, al risveglio li indirizzavo al water,
come prima cosa, ma quel mattino li avevo distratti di proposito. Anzi, Claudio
me l’aveva anche chiesto:
- Papà, posso fare la pipì prima di andare in
spiaggia?
- No, tesoro.
- Papà, posso portare il mio modellino di
transatlantico in spiaggia?
- No, tesoro. Poi affonda e piangi.
Non avevo previsto che avrebbero potuto
semplicemente chiedermi di buttarsi in acqua, però. Non lo avevo proprio
previsto!
- Papà! Possiamo fare il bagno? Possiamo?
Claudio cominciò a togliersi la maglietta a
giromanica, senza aspettare il mio assenso. Tiziano, il fratello più grande,
fece altrettanto, su imitazione.
- No, bambini! Andiamo alla toilette del
lido!
Si bloccarono, con le magliette mezze messe e mezze
tolte.
- La toilette? - disse Claudio – Papà, noi
vogliamo entrare nel mare!
Mi guardai intorno. Il mondo era lontano. Lontani i
due fidanzatini di prima, lontani i due vecchi con l’acqua piatta fino alle
ginocchia, lontano l’uomo col trattore che spianava la spiaggia. Se avessi annegato
i bambini, invece che ammazzarli nel cesso del lido, cosa sarebbe cambiato? Qualcuno
mi avrebbe visto? Probabilmente no: mi sarebbe bastato prendere le dovute precauzioni
per non farli gridare e non ci sarebbe stato nessun problema.
- Ti prego, papà! Lasciaci fare il bagno!
Non risposi. Però Claudio continuò a togliersi la
maglietta e, in un attimo, si disfece dei pantaloncini, sotto i quali portava
il costume a slip.
Tirai fuori il coltello dai miei, di pantaloncini,
e lo piantai nella sabbia. Per un attimo, Claudio mi guardò interrogativo. Poi
disse:
- Il transatlantico non hai voluto che lo portassi,
invece il tuo giocattolo lo avevi in tasca.
Anche Tiziano aveva finito di svestirsi. Adesso
guardava l’acqua calma illuminata da miliardi di colori psichedelici dal sole
rovente.
- Aahhahahhahahhahahahhahaha!
L’urlo di Claudio ci fece sobbalzare. Cosa gli aveva
preso? Tiziano guardò nella direzione in cui guardava il fratello e mise fine a
qualunque mio progetto sulla pipì: rivoli di liquido giallo gli vennero fuori
dal costumino e gli colarono lungo le gambe, liberi verso la sabbia, tendenti
senza sosta al centro della terra.
Lo guardai. Si era trasformato in una statua di
cera, con la bocca a cuoricino e gli occhi a palla. Le guance sembravano
lampadine dentro bicchieri di latte.
- Tiziano, che hai? - gli chiesi, scuotendolo –
Stai bene?
Volevo ucciderlo, eppure l’evenienza che stesse
male mi sconcertava.
- Tiziano, stai bene?
- Papà! - strillò Claudio, riuscendo a muovere un
braccio, una mano e un dito per indicare il mare.
Mi voltai. Sulla riva c’erano due bambini neri,
completamente bagnati, immobili. Era evidente che il mare piatto li avesse, in
qualche modo, depositati lì, chi sa quando, chi sa come. Avevano gli occhi
chiusi e l’espressione serafica.
Non capivo lo spavento dei miei figli. Cosa c’era
da gridare e da pisciare? Stavano dormendo. Non vedevano come erano belli? Era
così evidente che stessero dormendo!
- Papà!!!!!!!!! - strillò ancora Claudio.
Anche Tiziano cominciò a pisciare nel costume,
bagnandosi le gambe e i piedini.
- Papà!!!
- No, bambini, no. Che avete capito? - dissi – Qui
siamo nel basso Lazio, non ci possono essere bambini neri portati dal mare, non
è come credete. I bambini morti sulle spiagge hanno gli occhi spalancati, le
facce stravolte. Questi sono tranquilli, dormono. Stanno solo dormendo. Non è
come credete. Stanno solo dormendo.
Eppure, si era avvicinata la coppia di fidanzatini.
Lui aveva tirato fuori un cellulare e stava telefonando. I due vecchi non
avevano più le ginocchia nell’acqua ed erano venuti a guardare. L’uomo del
trattore si era avvicinato e avevamo scoperto che era molto alto.
Poi era arrivato addirittura un poliziotto in divisa
che aveva cominciato a parlare, a fare domande, a dirmi che non mi dovevo
allontanare, e una poliziotta bionda a cui Claudio e Tiziano non dissero
nemmeno una parola, probabilmente perché si vergognavano di essersi pisciati
addosso.
Così quella mattinata, nata nel migliore dei modi,
era degenerata in un incubo improbabile, con due fidanzatini impiccioni con il
cellulare, due vecchi senza più mare alle ginocchia, due poliziotti logorroici
in vena di farmi perdere tempo e due extracomunitari addormentati sulla
spiaggia per rompermi le uova nel paniere, spaventare i miei figli e costringerli a
rinunciare alla nuotata mattutina.
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