http://pensierieparoleinvaligia.libreriamo.it/2016/04/26/sinfonia-nera-in-quattro-atti/
Muscoli scattanti e fiuto
per ogni traccia, se pur piccola.
Orecchie tese a captare il minimo sussurro.
L’assassino è in trappola
fra unghie affilate di un detective.
Occhi che cercano di saziare istinti di caccia.
Pelliccia morbida a nascondere un cuore spietato.
Sensi acuiti per lucidi piani sporchi di sangue.
La vittima è in trappola fra
le unghie affilate di un mostro.
La copertina
del romanzo di Tiziana Viganò, “Sinfonia nera in quattro tempi”, non a caso raffigura un gatto
che pare attratto dall’invisibile ed ignoto universo. Eppure la piccola mosca c’è, basta avere
occhio esperto.
La scrittrice, padrona dell’inchiostro e delle
emozioni, si cimenta con ottimi risultati in un giallo che si snoda in
quattro distinti episodi accomunati da
delitti che coinvolgono donne spezzate, triturate, uccise in corpo o in anima.
O in entrambi.
Un libro di siffatta natura non permette che ne si
accenni la trama, tutta a fruizione del lettore, ma consente un’analisi ad ampio raggio che ne
evidenzi gli intenti narrativi e comunicativi.
Il maresciallo
e il brigadiere sono
volutamente inseribili nell’immaginario collettivo: la Viganò ce
lo fa comprendere chiaramente citando Montalbano.
Sono figure rassicuranti, prevedibili e amabili che diventano compagni di
avventure in una storia, anzi strumenti ad arco in una sinfonia, in cui risuonano toni
bassi e gravi, interrotti all’improvviso da struggenti acuti.
I protagonisti
di fatti e misfatti, invece, sono sorprendenti,
incauti, instabili, imperscrutabili,
oscuri. Topi che corrono in cerca di
vita mentre il Titanic delle loro vite affonda inesorabilmente.
C’è un ulteriore elemento che accomuna queste vicende
di donne vittime e carnefici e di uomini carnefici e vittime: la dipendenza da psicofarmaci e droghe,
quasi che l’orrore cercasse giustificazione in un mondo deformato, o, più probabilmente, in mondi di esseri troppo soli e troppo disillusi.
“Sinfonia nera
in quattro tempi” è una perla.
Non solo per la maestria della scrittrice, con anni di
esperienza alle spalle, ma per la contraddittoria
simbologia che nell’arte cristiana la contraddistingue: lacrime, memento di
fallace vanitas, purezza del
Salvatore degli uomini. Non a caso, nella prima storia narrata…
Buona lettura.
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