per "Il vizio di scrivere - Un giallo in venti righe" la scrittrice Anna Maria Castoldi ha scritto questo flash da brivido
Nuovo
giorno, solita gente sul bus. Rieccola la Signorina Cellulare, lorda l’aria con
la sua vocetta querula e ripete da giorni che la ditta si sposterà fuori città,
bla bla bla... mezz’ora in più ... niente ticket, bla bla bla... Oggi, non è giornata, ho esaurito la pazienza
con il Tozzi, quello della cooperativa
che mi ha tolto l’ultima dignità. Fra quindici giorni non avrò più neppure
questa miseria di lavoro, non mi rinnovano il contratto. A fine mese, quando quella non avrà più i ticket, io non
avrò più il lavoro. A quella non
gliene frega niente di irritare gli altri con la sua voce e i suoi
insignificanti problemi. Sono io che mi faccio scrupolo di non assillarli, sto
zitto e la paura mi strazia. Chi diventerò? Non so immaginarlo.
Ho paura di vivere, tutti hanno paura di morire ma io no, solo di vivere. Il brivido che mi scuote mi fa reagire, alzo gli occhi e la vedo: una cover nuova giallo limone, oscena, risalta come una bestemmia in chiesa, nella sua mano, vicino alla boccuccia che bla bla... blatera il solito ritornello al cellulare. Scendo dopo di lei e ci incamminiamo lungo la stessa strada. Si volta, ha la faccia preoccupata. La strada è deserta, l’asfalto lucido dell’acqua ferma delle pozzanghere mi ricorda la sera del primo licenziamento, la vita che ho perduto mesi fa. Seguo i miei pensieri e senza rendermi conto affretto il passo e la raggiungo. Voltata di tre quarti, mi guarda terrorizzata. Illuminata dalla luce del lampione la faccia appare grottesca come spaccata in due: un occhio e mezza bocca sbarrate, mezza fronte e una guancia livide. Non vede il gradino e casca nell’androne deserto di un caseggiato decrepito. Senza pensarci le sono addosso, la stringo alla gola con forza, le strappo il cellulare e lo spingo in fondo fino all’ugola, senza la cover, quella me la tengo. Ecco cosa succede a blaterare al cellulare, le onde elettromagnetiche ti fondono il cervello, ti portano a immaginare chissà che... e poi si avvera.
Ho paura di vivere, tutti hanno paura di morire ma io no, solo di vivere. Il brivido che mi scuote mi fa reagire, alzo gli occhi e la vedo: una cover nuova giallo limone, oscena, risalta come una bestemmia in chiesa, nella sua mano, vicino alla boccuccia che bla bla... blatera il solito ritornello al cellulare. Scendo dopo di lei e ci incamminiamo lungo la stessa strada. Si volta, ha la faccia preoccupata. La strada è deserta, l’asfalto lucido dell’acqua ferma delle pozzanghere mi ricorda la sera del primo licenziamento, la vita che ho perduto mesi fa. Seguo i miei pensieri e senza rendermi conto affretto il passo e la raggiungo. Voltata di tre quarti, mi guarda terrorizzata. Illuminata dalla luce del lampione la faccia appare grottesca come spaccata in due: un occhio e mezza bocca sbarrate, mezza fronte e una guancia livide. Non vede il gradino e casca nell’androne deserto di un caseggiato decrepito. Senza pensarci le sono addosso, la stringo alla gola con forza, le strappo il cellulare e lo spingo in fondo fino all’ugola, senza la cover, quella me la tengo. Ecco cosa succede a blaterare al cellulare, le onde elettromagnetiche ti fondono il cervello, ti portano a immaginare chissà che... e poi si avvera.
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