Per "il vizio di scrivere - Un giallo in venti righe" Marina Fichera ha scritto "Mitra e rose"
Fa caldo qui dentro, troppo caldo. Il sudore mi gronda dalla fronte e mi appanna la vista. Mi manca
l’aria. Devo uscire. Cerco di alzarmi ma ricado a peso morto. Mi gira la testa, qualcuno mi deve aver
colpita, devo concentrarmi per ricordare...
Si! Ero con Mario, il mio collega. Siamo stati risucchiati nel buco nero di una schifosa operazione
antidroga. Un carico milionario, camorristi e mafia russa, roba pericolosa. Ho paura, anche se non
dovrei dirlo. Mesi e mesi di indagini che ti giochi in pochi attimi. Una frazione di secondo, una mossa
sbagliata, e ciao mondo!
Mi alzo a fatica, realizzo che sono nel magazzino degli attrezzi del capannone dove avverrà lo scambio.
Devo trovare il modo per uscire e alla svelta. Il mio collega, il mio amico, Mario è là fuori, da solo, e tra
poco scoppierà un gran casino. Sudo, penso, cerco di ritrovare un briciolo di lucidità, ma non ci riesco.
I minuti passano veloci e io crollo a terra, con le spalle alla porta. Vedo ora che un rivolo di sangue
scende da dietro il mio orecchio sinistro, sono ferita ma non mi devo lasciare andare.
Urla feroci, uno sparo e una raffica di mitra. Poi il silenzio. Io e Mario non abbiamo il mitra. Io e Mario
abbiamo solo una pistola e io non ho più la mia, nè ho il telefono.
Non so quanto tempo sia passato, ore, minuti, non so, ma penso parecchio. La luce è cambiata, ora nella
stanza entra una lama di sole, un bagliore richiama la mia attenzione. Sposto il carrello delle
immondizie, sotto c’è il mio cellulare. Vedo la notifica di un messaggio su whatsapp, è un vocale di
Mario:
“Siamo stati scoperti e aggrediti, ricordi? Tu sei ferita e io ti ho portato qui e chiusa dentro per
proteggerti. Chiama appena riesci ma non prima di aver sentito che tutto taccia per un po’. Non credo ci
rivedremo. Ti amo. Mario”.
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