lunedì 20 luglio 2020

NUMERO VENTI “Nebbia a Regent street” di Cristina Cavallazzi. Miniracconto per “Il vizio di scrivere - Un giallo in venti righe”


 per “Il vizio di scrivere - Un giallo in venti righe Qualcosa si nasconde nella “Nebbia a Regent street” di Cristina Cavallazzi. 

Dalla finestra della sua stanza al primo piano del Regency Hotel, Sir Mortimer osservava il bianco muro di nebbia che avvolgeva Londra. Fuori, nell’ovattato corridoio, una piccola pendola batteva il quarto dopo le sette. Era il momento che aspettava. Uscì silenzioso, chiudendo adagio a porta, perché nessuno lo notasse. Era improbabile, per fortuna a quell’ora tutti erano già a tavola per la cena. Scese le scale che conducevano verso il cortile, e presto si trovò all’aperto. Era buio, la serata era fredda e c’era la nebbia, fitta e impenetrabile, perfetta per il suo scopo. Raggiunse il marciapiede senza essere scorto da nessuno, e comunque, avviluppato nel pesante mantello non lo avrebbero riconosciuto.
Lungo Regent Street il traffico era notevole, tutta Londra sembrava essersi data appuntamento al Covent Garden, quella sera era in cartellone il Macbeth. Sir Mortimer ebbe un sorriso beffardo. Sembrava quasi la sua storia, con la differenza che non si sarebbe servito di un coltello. Strinse forte il calcio del revolver, per darsi coraggio. Era la prima volta che uccideva, ma per Clarence Manor avrebbe fatto anche questo. Non avrebbe mai permesso a Jeremy di rilevarlo, sapeva che l’avrebbe venduto, e non poteva accettarlo. No, non Clarence Manor, la casa dei suoi avi. Jeremy Laxton era solo un lontano cugino, purtroppo abbastanza ricco da poter acquistare l’antico maniero, non aveva il diritto di portarglielo via. Sir Mortimer accelerò il passo, e raggiunse l’ingresso della sotterranea. Il Club dove aveva dato appuntamento al cugino distava solo due fermate, lo avrebbe atteso sui gradini dell’entrata, e lì lo avrebbe freddato. Incominciò a scendere. Improvvisamente una violenta botta sulle spalle gli fece perdere l’equilibrio, oscillò in avanti, tentò di afferrarsi al corrimano ma non gli bastò. Quando giunse in fondo, era già morto. In alto, Jeremy tirò un profondo respiro. Ce l’aveva fatta, lo aveva preceduto.  Clarence Manor era suo, ormai.


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