Rosso e "Bianco ottico" nel miniracconto di Sabrina De Bastiani per " Il vizio di scrivere - Un giallo in venti righe"
Mi ero
incantata a guardarla in vetrina, però non mi decidevo ad entrare.
Fu Miriam, la
mia amica, eravamo in vacanza insieme e insieme da una vita, a convincermi a
provarla.
In fondo non era
nulla di che, una camicetta bianca, smanicata, gli spacchetti laterali ma,
chissà poi perché, me ne ero innamorata e non mi è mai passata.
A distanza di
anni e centinaia di lavaggi continuo ad indossarla col riguardo di quando ci si
mette qualcosa di nuovo e con il conforto di sentirla una seconda pelle.
Questi i miei
pensieri mentre con lo spazzolino strofinavo la porzione di tessuto dove avevo
rinvenuto una costellazione di macchioline.
Candeggina e
pretrattante.E strofinare, strofinare, strofinare. Strofinare.
Sollevare il
tessuto in controluce e vedere gli aloni, sbiaditi sì, ma decisi a persistere,
nonostante lo spazzare delle setole e delle unghie, poi.
Apro le ante
del mobile sotto il lavello in cerca di una soluzione.
Quella
camicetta era bianca e deve ritornare bianca. Immacolata. Candida. Ottica.
In fondo al
secondo ripiano, in mezzo alle medicine ed ai disinfettanti vedo il flacone
dell’acqua ossigenata.
Non ricordo
se l’ho letto da qualche parte o me lo ha detto qualcuno, ma forse potrebbe
funzionare.
Ne cospargo
le chiazze e osservo la chimica della reazione che tramuta il liquido
trasparente in una schiuma bianca e gassosa.
È così che
reagisce al perossido di idrogeno, il sangue.
E non è un
caso, penso, mentre iniziano a scendermi lacrime che non asciugo, che la
macchia più grande si trovi all’altezza del cuore, sebbene non sia il mio, il
cuore che ha smesso di battere.
O forse sì.
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