per "Il vizio di scrivere - un giallo in venti righe" il giallista-psicologo Ferdinando Salamino ha preparato una pericolosa "Colazione per tre"
Chiara
apparecchiò per tre, come sempre. Uova e pancetta per Andrea, un croissant con
burro e marmellata a parte per Agata e mezzo pompelmo per sé. Andrea era
scontento, se ingrassava, e quando Andrea era scontento Agata diventava
spietata. Versò il caffè nelle tazze e aggiunse la soluzione di acqua Tofana in
una delle tre. Ne aveva soltanto per uno. Stamattina qualcuno sarebbe morto,
restava solo da decidere chi. Aveva pensato ad Andrea, per primo. Le
umiliazioni e la violenza di questi anni sarebbero stati cancellati, quando lo
avesse visto contorcersi sul pavimento con le budella in fiamme. Oppure Agata.
Immaginò l’orrore negli occhi di Andrea, privato in un colpo della sua cara
mammina e dell’alleata più fedele. Colei che aveva coperto negli anni ogni
bruttura, ogni nefandezza. Il carcere, però, la terrorizzava. No, non tanto il
carcere, ora che ci pensava. L’alone di colpevolezza, il fatto che gli altri
avrebbero guardato il suo viso e visto un’assassina. La vergogna, quella non la
poteva sopportare.
Non la meritava. Allora perché non bere lei stessa il
veleno? Lasciare che la sua morte denudasse i segreti che si celavano tra
quelle mura perfette. La passione di suo marito per le ragazzine e i soldi che
Agata sganciava ai genitori, per chiuder loro la bocca. Agata e Andrea sotto il
fuoco delle domande, accecati dai fotografi. La punizione più crudele per chi,
come loro, amava l’ombra e il silenzio. Chiuse gli occhi e mosse le tazze. Che
fosse il destino a scegliere. «Andrea, caro, la colazione è pronta. Va’ a
chiamare tua madre.»
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