Per Il vizio di scrivere edizione di gruppo online il 5 aprile 2020, Marina Fichera ha scritto questo spassoso racconto LEI
Mia madre me lo aveva sempre detto. Santa donna, Lei. Ce ne fossero di
donne come la mia mamma, e poi lo spezzatino con le patate buono come il suo...
Ma cosa stavo dicendo? A si, Lei me lo aveva sempre detto: “Non ti sposare mai,
MAI, una donna che abbia studiato più di te. Sarebbe la tua rovina. Ascolta
mamma tua bella, che è la donna più importante della tua vita e sempre lo
sarà”.
Ma naturalmente io non l’ho ascoltata e ho fatto di testa mia. E ho sposato
Lei. Laureata alla Bocconi, mica pizza e
fichi, quadro direttivo per una multinazionale americana, tra poco dirigente.
Lei, una di quelle che va a lavoro con il tailleur e lo zainetto Piquadro da
cinquecento euro con dentro il pc ultra piatto. Lei.
Io invece il piatto, anzi, i piatti li sposto dalla
cucina ai tavoli tutti i santi giorni. Centinaia di piatti, migliaia di piatti
e di chilometri percorsi attraverso le sale del ristorante pizzeria Bella
Napoli di Pozzolo Martesana.
Mia madre me lo aveva detto. Saggia donna, Lei. “Perchè perdi tempo con
quei debosciati dei tuoi pseudo amici. State tutto il giorno a farvi le canne e
non studiate, sarete solo dei falliti!”. Ma io no, non potevo essere meno pirla
dei miei amici, e giù canne. E giù a farsi dare ogni anno 2-3 materie. Che poi
se avessi studiato, come diceva la mia prof di elettronica, sarei stato pure
bravo. Lei diceva sempre che ero intelligente ma non mi applicavo. Già, pure
lei però, poteva essere più esplicita...
E invece mi sono diplomato all’ITIS a fatica e ora faccio il cameriere. Mi
sbatto come un’anguilla in una vasca dodici ore al giorno per guadagnare,
quando va bene, milleduecento euro. Lo zaino di mia moglie costa quasi quindici
giorni del mio lavoro. Ma vi rendete conto di come Lei butta via i soldi?
Lei mi dice che ha sbagliato a sposarmi, che pensava che sarei cambiato. E
in effetti sono cambiato. Ero bello, davvero bello. Con un fisico da paura,
costruito in anni di palestra pagati da Lei, da mamma. Avevo i capelli ricci e neri, e gli occhi ancora più neri. Insomma,
ero un figo pazzesco, per questo Lei, mia moglie, ha perso la testa per me.
Ora, a son di camminare nei duecento metri quadri del ristorante pizzeria
Bella Napoli di Pozzolo Martesana, ho messo su una panza che sembro al sesto mese,
per non dire dei capelli, quasi non ricordo più di averli avuti in testa. E Lei
me lo rinfaccia. Uffa non vale, solo perchè Lei ha ancora un fisico da paura e
le gonne del tailleur che mette per andare in ufficio le fanno un lato b che
mmm... Uffa. Non vale.
Che poi io la desidero ancora tanto, ma Lei dice sempre che è stressata,
che ha mal di testa, o le sue cose. E niente, una monaca in carriera mi dovevo
sposare, che fortunello!
Certo che sono complicate le donne, a saperlo sarei diventato gay, forse
era più semplice. O forse no, mi terrò il dubbio per questa volta.
Per fortuna io e Lei ci incrociamo di rado a casa. Cinque sere a settimana
arrivo dal lavoro che è quasi mezzanotte e quando lei esce la mattina io ancora
dormo. Mi lascia gli ordini, perchè di questo si tratta, su un foglietto
attaccato con un magnete alla porta del frigo. “Fai questo, sistema quello, vai
la e vai qua” E se quando torno non l’ho fatto è un casino.
Ah, se avessi studiato! E invece sono solo un burattino nelle sue mani. Lei
è cattiva. Salvatemi, aiuto salvatemi...
***
Oggi 12 dicembre 2019 io, Matteo Rossini, di anni quattordici mi scrivo
questa lettera. Missiva che ora chiuderò con la cera lacca e riaprirò
esattamente tra anni dieci, il 12 dicembre 2029.
Lo faccio per ricordarmi che, anche se ora non ne ho voglia, studiare è
importante. Tra dieci anni sarò, forse, ancora in tempo a riparare ai miei
eventuali sbagli di gioventù. Perchè solo studiare e lavorare con passione e
impegno mi permetteranno di non farmi trattare come uno schiavo dalla mia
futura Lei.
Che poi, a ben pensarci, la donna più importante della mia vita – e sempre
lo sarà - è solo Lei. La mia mamma. E il suo spezzatino con le patate.
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