recensione di Ornella Nalon su Gli scrittori della porta accanto
http://www.gliscrittoridellaportaaccanto.com/2016/07/sinfonia-nera-in-quattro-tempi-di.html?spref=fb
A lettura ultimata del
libro mi sono posta la domanda: “Perché questo titolo?”. Non tanto per
l'aggettivo “nera” che è chiaramente allusivo al genere dello scritto, né per
la locuzione “quattro tempi” dal momento che è chiaro si riferisca al numero
dei racconti in esso contenuti. È la parola “sinfonia” che mi
è costata qualche minuto di riflessione, poiché consideravo criptico il suo
accostamento ad un romanzo. Tuttavia, dopo avere valutato bene il testo,
ritengo di avere compreso il senso, anzi, potrei dare due distinte
interpretazioni.
Sinfonia, nella sua accezione più nota, altro non è che un brano
orchestrale composto da più movimenti che, tradotto in parole povere, sarebbe un insieme
armonioso di note che compongono una sonata. Dunque, poiché la nota
sta alla musica come la parola al romanzo, considerando che quello di Tiziana
Viganò è un componimento di parole ben misurate e armoniche, ecco che
si può ben comprendere l'attinenza.
Per la stessa motivazione, si può comprendere la scelta del termine ricorrendo
a un suo secondo significato che recita “disposizione armoniosa di
elementi omogenei”.
Appurato questo, vorrei entrare nel vivo del testo.
Come detto in precedenza, si tratta di un'antologia di quattro racconti e
questi sono accomunati da diversi elementi. In primis, dal loro
genere, che si può tranquillamente definire giallo/poliziesco. Come
ben si sa, esso prevede una numerosa variante di sottogeneri a seconda di quale
aspetto venga messo in evidenza. “Sinfonia nera in quattro tempi”,
per il carattere introspettivo dei suoi personaggi e
laprofondità descrittiva degli eventi, si potrebbe definire psicologico,
di certo ben lontano dal classico giallo colmo di violenza, di scene
insanguinate e indagini a tutto campo.
Il secondo punto in
comune è rappresentato dalla massiva presenza femminile. Donne
vittime ma anche carnefici e pur, in questo caso,
vittime a loro volta. Il loro lato criminale è la conseguenza
di soprusi subiti, di depressione post partum, di uso di sostanze stupefacenti
o di alcool, il tutto riportato non certo a giustificazione, ma come
motivazione di un malessere profondo sfociato in un atto di violenza.
Che poi, se ci addentrassimo nel profondo dei casi di cronaca reale, purtroppo
frequenti, non si potrebbe dare una motivazione alla maggior parte delle
pulsioni criminali?
Dulcis in fundo, ciò che
lega in modo indissolubile le quattro storie, è la presenza degli stessi investigatori,
il cui carattere viene via via approfondito tanto da renderli del tutto
umanizzati e da farli sentire parte delle nostre conoscenze. Non sono
eroi onniscienti e indistruttibili, ma persone normali con tutte le imperfezioni
e i limiti che caratterizzano ognuno di noi.
Il maresciallo Adelio
Rusconi, cosciente della sua prestanza fisica e del suo forte ascendete sul
genere femminile, è un dongiovanni un po' vanesio e superficiale,
ma di fronte alla triste storia di una collaboratrice, diventa tenero e
finisce con l'innamorarsi. Prende la vita come un gioco e nonostante il lavoro
lo metta di fronte a eventi drammatici, sa reagire e sdrammatizzare,
pur restando concentrato e fedele alla sua missione di perseguire il crimine.
Non eccessivamente estimatore dei mezzi scientifici d'indagine, preferisce dare
ascolto al suo forte intuito che, il più delle volte, si
rivela determinante.
Il brigadiere Tommaso Lo Monaco, Totò per gli
amici, è profondamente legato alla sua bella terra d'origine, nonostante se ne
sia allontanato da oltre trent'anni e della sua Sicilia se ne
gusta i manicaretti che l'amata moglie gli prepara ogni giorno, a volte
condividendoli con il maresciallo Rusconi. Legato da unaprofonda amicizia con
il suo superiore, non si risparmia di prenderlo scherzosamente in giro per la
sua inclinazione da seduttore e le sue molteplici attività sportive, passione
che si guarda bene dal condividere. Ha un profondo senso della
giustizia, per la trasgressione della quale userebbe un sistema punitivo
ben diverso da quello imposto legalmente ma che, tuttavia, deve accettare in
funzione della sua divisa.
Due personaggi
perfettamente caratterizzati e simpatici con cui si riesce ad empatizzare da
subito e che lasciano un'unica amarezza: quella di perderli dopo la parola
“fine”.
Consiglio la lettura di
questo libro a tutti coloro che amano il giallo non particolarmente ansiogeno,
in cui la componente umana e introspettiva è preponderante, unita a
un'ottima struttura linguistica.
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