Vera viaggiatrice, non riesce a stare ferma perché deve
essere libera e “volare”; sognatrice e creativa sa fare di tutto con le mani,
suona disegna scrive....ma è anche ingegnere elettronico e progettista di
ospedali, nonché blogger (http://neverfreeenough.blogspot.it)
Una vita molto intensa quella di Stefania Bergo, che dopo
l’esperienza di volontaria in Africa per due anni nell’ospedale di Matiri, Kenia, ha assunto anche lo splendido nome di Mwende, che vuol dire Amata. L’ospedale
è stato costruito da donatori italiani per le mamme e per i bambini del luogo,
ma Stefania Bergo ha contribuito progettando l’ampliamento della pediatria.
“Con la mia valigia gialla” è il titolo del bellissimo libro che
ha scritto dopo il primo di questi viaggi
dell’anima, che ha cambiato completamente le prospettive della sua vita,
come quasi sempre succede a chi intraprende una simile esperienza: nelle pagine
ha riversato molto amore, e lo comunica al lettore che viene affascinato e trascinato nella narrazione.
Contrariamente alle regole professionali che impongono
l’impersonalità, non posso fare a meno di essere molto coinvolta nel recensire
questo libro, perché anch’io ho trascorso un periodo in
un ospedale del Sud Sudan e ho potuto rivivere in ogni parola dell’autrice
anche la mia esperienza.
“Forte” è l’aggettivo
che viene spontaneo per definirla: forte perché invade e compenetra chi la fa,
entra in ogni anfratto del corpo e dell’anima e lascia tracce indelebili,
impossibile non uscire trasformati.
Lungo o corto, il periodo trascorso in una situazione così
diametralmente opposta a quella in cui siamo abituati a vivere - una terra che
a prima vista sembra inconcepibile, a contatto con un’umanità sofferente e
priva di tutto, in un ambiente così difficile - non può che ribaltare il nostro
modo di vedere la vita e tutte le cose.
Quello che per prima cosa chiunque coglie con stupore è il
sorriso che si apre così facilmente sul viso delle persone che si incontrano: un sorriso semplice e sincero, speciale perché
lo vedi illuminare la faccia nera di gente che vive in situazioni così
disperate, di miseria estrema, di dolore terribile ma composto, di evidente
fatica di vivere. Colpisce per la sua diversità, per il contrasto, e forse
perché ha nel suo profondo un’ombra di dolore che lo rende dolce, indifeso,
mite. “...avverto i sorrisi, li sento in
fondo all’anima”.
Anche se feriti e umiliati però sono fieri, orgogliosi, come
i veri guerrieri Masai devono essere.
Che confronto stridente con noi che abbiamo più del tutto e
che non sappiamo più sorridere ed essere felici....
Nel 2004 Stefania parte sola per il Kenia, trascinando la
sua valigia gialla. Atterra a Nairobi, e subito si sente travolta da questa
città piena di incredibili contrasti, ma è solo uscendo dalla città, lungo la
strada che la porterà fino a Matiri, che incontra l’Africa, la splendida Rift Valley
e se ne innamora a prima vista.
“Dio quanto è bella
questa terra così primitiva, onesta, vera. E’ come una donna morbida, nuda,
stesa al sole. Profumata. Calda. E’ un chiacchiericcio di colori, di voci, di
suoni, di canti. E’ un fiume che score pigro e poi improvvisamente si
aggroviglia veloce intorno alle rocce.....Provo un inaspettato senso di libertà
guardando questi paesaggi, l’occhio spazia in ogni direzione, senza limiti,
come se vedesse per la prima volta. Resto senza fiato, incantata.” Perché l’Africa
è meravigliosa, e l’incredibile bellezza della Natura accompagna ogni momento
delle giornate, fa parte di quelle emozioni che non lasciano più.
Bambini di strada, gente che cammina e cammina, i bambini
ammalati nell’ospedale, le mamme che arrivano a partorire in situazioni troppo
spesso disperate, estreme, i medici e i volontari dell’ospedale: tanti
personaggi si incontrano nelle pagine del romanzo, e ognuno ci dona un’emozione.
Realtà cruda, vera, bella e spietata, la vita che soccombe
alla Natura o che trionfa e vince oltre ogni ragionevole speranza: il mal d’Africa è una realtà, ti entra
nelle ossa e non ti lascia più, fa emergere in noi cose inaspettate,
sentimenti, ma anche capacità che non pensavamo di avere, ci mette a confronto con
le parti più nascoste del nostro essere, amplia incredibilmente le percezioni, le
conoscenze, l’anima.
Volontario è chi vuole staccarsi da una vita piatta e banale
per agire, fare qualcosa di piccolissimo, un solo granello di sabbia, ma che
gli dà l’idea di aver fatto qualcosa per
portare avanti la sua idea di cambiamento, in un mondo possibile, per chi invece
non ha la possibilità di cambiare la sua vita da solo. Ma dà anche il senso
del limite, di quello che si può fare e non si può fare, di quando è il momento
di arrendersi alle cose più grandi di noi. Una lezione di vita che non si può
dimenticare.
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