Scultura di Zenos Frudakis - "Freedom" – Philadelphia USA
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articolo di Tiziana Viganò
Il femminicidio e la violenza contro le donne derivano da
fatti culturali: questa voce ormai è affermata dai media, dalle istituzioni e
capìta dalla gente. Possiamo però chiederci perché sia così difficile abbattere
la convinzione che le donne siano inferiori, sottomesse,oggetti di possesso,
dipendenti dall’uomo.
Questo concetto è un archetipo
– dal greco modello originario -, per Jung un’idea radicata profondamente
nell’inconscio, non solo individuale, ma collettivo, e tramandata di
generazione in generazione. Così profondamente radicata, da non essere solo appannaggio
degli uomini, ma anche delle donne, che in tal modo diventano complici del
perpetuarsi della convinzione e dei modi nefasti per attuarla. La nostra
società ne è pervasa attraverso le immagini che vediamo, le parole che diciamo,
tutto quello che accettiamo.
Da 40 anni è avvenuta pian piano una metamorfosi nelle donne
nel senso dell’autonomia e dell’autodeterminazione; il cammino verso un
equilibrio tra maternità e famiglia, attitudini, capacità di affermazione nel
lavoro e nella società è ancora lungo e non facile, ma molte donne hanno potuto
raggiungere quello che desideravano, anche se spesso a caro prezzo.
Questo ha creato negli uomini una grande paura, paura di essere superati, paura
di perdere il loro potere patriarcale: così gli individui incapaci di
controllare la propria aggressività agiscono violenza alle donne fino al
femminicidio per rivendicare il diritto di proprietà, per far pagare alla donna
che ha alzato la testa i diritti che si è conquistata malgrado lui – perché non è l’uomo che li ha concessi, ma la donna che
ha espugnato le mura del privilegio maschile con una guerra silenziosa ma
tenace.
Ricordiamoci che il Codice Rocco, 1930, aveva stabilito pene
leggere (da 3 a 7 anni) per il delitto
d’onore – omicidio di mogli sorelle familiari adultere e loro amanti: una
legge infame che è stata abrogata solo nel 1981….Sembra impossibile, ma è così.
E’ così utopico
sperare che gli uomini, invece di sentirsi sminuiti dall’aver vicino una donna capace
intelligente libera autonoma, si sentano invece stimolati, non per competere
con lei (perché sarebbe ancora guerra) ma per condividere e collaborare?
La risposta a questa
domanda la lascio agli uomini, i migliori, quelli che ogni donna sogna di aver
vicino.
Dovrebbe essere chiaro che tutti noi esseri umani abbiamo
innati istinti aggressivi.
C’è però differenza tra la gran parte di noi che, per
fortuna, li controlla, li domina e li trasforma in positivo (cioè da
distruttivi a costruttivi) attraverso l’assertività, e i criminali, che invece
si scatenano nella sopraffazione fino alla violenza. E per me sono criminali
tutti, quelli che agiscono violenza psicologica e quelli che insultano o
picchiano, fino al femminicidio che è l’estremo.
Per questo credo che la strategia efficace sia quella di
creare tramite l’opinione pubblica, i media e le istituzioni il disgusto per ogni tipo di violenza e
installare la convinzione che la violenza in
toto e la violenza contro le donne
sia socialmente inaccettabile.
Siccome il carattere e la personalità si formano da bambini,
in tenera età, mi auguro che si cominci fin dall’età della scuola materna a educare
al rispetto della persona; dalla scuola elementare a disprezzare la violenza;
dalle scuole superiori a prendere consapevolezza, a saperla individuare prima
che accada e a difendersi con le armi della mente. Un progetto complesso e a lungo termine, ma
che darebbe risultati sicure nelle prossime generazioni.
Anche le donne devono formarsi, fin da giovani, al rispetto
di se stesse, a non cedere a facili lusinghe di guadagni, a non smerciare il
proprio corpo come oggetto sessuale, a prendere in mano la propria vita con
forza e determinazione, ma anche con la femminilità che la natura ci ha donato.
Spero che gli uomini prendano coscienza del problema
culturale che è a monte di ogni violenza contro le donne. E’ un argomento che
infastidisce, irrita – e forse gli uomini migliori provano anche un certo di
senso di colpa per quello che fanno i loro simili –, invita più alla rimozione
che alla consapevolezza: ma senza il loro forte sostegno e la loro
collaborazione rischiamo di perdere la battaglia, come donne e come società.
Per approfondimenti sul tema della violenza psicologica,
della violenza in generale e del femminicidio rimando agli altri articoli pubblicati sul blog
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