venerdì 3 dicembre 2021

un brano da "Quando il delitto e arte"

 Ecco un brano tratto da 

"Quando il delitto è arte" 

di Tiziana Viganò 

 2021, Golem edizioni

Il capitano Adelio Rusconi ha bisogno di staccare la mente da quel caso così difficile: qui si parla di Legnano e della sua casa, del suo metodo per distrarsi dal lavoro, del suo tallone d'Achille 

La trama del libro

Un killer diabolicamente intelligente è il protagonista di questo romanzo noir, costruito attorno alla sua storia psicologica e alla sua tragica escalation di follia. Parallela a questa vicenda corre l’indagine del capitano dei carabinieri di Legnano, Adelio Rusconi.

Invano cerca di prevenire e ostacolare i delitti che il killer continua a compiere, lasciando soltanto pochi labili indizi, a volte disposti ad arte, a fronte di plateali Performance, opere che vorrebbero costituire nuove forme artistiche partendo da famosi dipinti, sculture e installazioni di artisti del passato o contemporaneiMa nelle sue mani sono corpi morti, uccisi con raffinata abilità.

Rusconi e la sua squadra girano a vuoto, finché una pista solida emerge dal passato, la relazione la le vittime legate a un cold case che anni prima aveva visto coinvolta la dottoressa Greta Hofer, patologa dell’ospedale.

Sotto questa incredibile pressione, Rusconi mette in discussione se stesso e il suo lavoro, continuando a chiedersi qual è il confine tra vittima e carnefice, qual è il limite oltre il quale si capovolge il rapporto, chi è davvero colpevole quando storie di violenze e di abusi nell’infanzia segnano nel profondo, senza rimedio, per sempre.

La rincorsa sarà lunga, la preda fugge ma il cacciatore, con denti da Rottweiler, non molla mai. Solo dopo uno sprint finale mozzafiato le due storie si uniranno in una conclusione che chiuderà il cerchio di una vita tragica.

pagina 101 e seguenti

La casa di Adelio non era lontana dalla caserma, nel centro cittadino: bastava attraversare la strada statale del Sempione, detta “il Sempione” e basta, che, insieme al fiume Olona, divide la parte più antica di Legnano da un borgo più recente, la contrada di Legnarello. Aveva acquistato un bilocale in una palazzina, con un balcone dove aveva messo una sedia a sdraio, in cui riusciva raramente a riposare, qualche albero nel giardino condominiale, le Grigne e il Resegone di Lecco sullo sfondo, giusto per non avere l’idea di trovarsi nell’hinterland di Milano: parva sed apta mihi, del resto single era e, probabilmente, single sarebbe rimasto.

Entrò in casa con l’idea di andare in bicicletta per sfiancare il fisico e liberare la mente. Dove? Scartò il percorso della Valle Olona: quelle fabbriche, che dalla metà dell’Ottocento avevano fatto la ricchezza della zona, ora giacevano in rovina, spettrali lungo il corso del fiume. Avrebbero aumentato la sua tristezza e suscitato ricordi spiacevoli. Scelse il Ticino, con le sue piste ciclabili in pianura, il paesaggio piacevole, il fiume sempre bello. E poi c’era l’Osteria del Canale, con le grigliate di carni miste che gli facevano venire l’acquolina in bocca al solo pensiero.

Era però ancora presto per muoversi e così si preparò un panino con quello che trovò nel frigorifero: prosciutto, formaggio, pomodori, cetriolini e peperoni in agrodolce fatti da quella santa donna che, oltre a pulire e mettere ordine in casa gli faceva la spesa, comprando un bel numero di affettati e formaggi confezionati e alcuni manicaretti cucinati da lei e surgelati, pronti per il microonde. Una pausa con panino e la sua bibita preferita, il chinotto, stravaccato sul divano, davanti alla tivù accesa sul suo canale preferito, quello che trasmette solo gialli. Subito cambiò idea, meglio i documentari sugli animali, non tollerava di vedere altri omicidi, non con quell’umore: nel giro di pochi minuti era addormentato.

Ma gli incubi del lavoro affiorarono presto alla mente, come le paure di sempre che pure aveva ben represso, ma che nei momenti bui tornavano a pungerlo: quella storia di bullismo e abbandono non poteva che agitare in lui ricordi penosi. Sotto la scorza di uomo affascinante, intelligente e capace di oggi, si nascondeva un bambino insicuro e debole che a scuola aveva subito scherzi e che, lasciato a se stesso dai genitori sempre al lavoro in fabbrica, aveva avuto un’esperienza traumatica, un gioco crudele finito bene, per fortuna. Se da una parte questo lo aveva spinto a diventare un uomo forte e sicuro di sé, protetto da una divisa che incute rispetto, dall’altra gli aveva lasciato un nucleo fragile, quello di chi ha sempre paura dell’abbandono.

Aveva dieci anni quando un gruppetto di compagni di classe lo aveva spinto a una prova di coraggio: rimanere da solo, per una notte, nello stanzone di una fabbrica chiusa da poco. Erano gli anni Ottanta e il Legnanese era oggetto di una severa deindustrializzazione, stavano chiudendo tantissime fabbriche, soprattutto tessili e meccaniche. Solo, in mezzo ai telai, avvolto da ombre mostruose, nel silenzio pervaso da rumori inafferrabili: un incubo finito dopo molte ore di terrore, quando i genitori, con tanti loro compagni di lavoro, dopo aver costretto i bulli a confessare l’avevano trovato, terrorizzato, ma indenne fisicamente. Un ricordo impossibile da rimuovere.

Ed eccolo riaffiorare di nuovo… Adelio si svegliò sudato e scosso, in un lampo preparò un cambio di jeans e maglietta, indossò i pantaloncini, caricò la bici nell’auto e partì alla volta della sua meta. Pedalò per ore, concentrandosi sui muscoli e sulla fatica fisica, vuotando la mente. Finalmente sfinito, ma libero, si fermò all’Osteria del Canale, chiese al suo amico Pietro, proprietario e ottimo cuoco, il permesso di usare la canna per annaffiare il giardino e si fece una doccia gelata. Via sudore e fatica, era pronto a fare una scorpacciata di carne al fuoco, come un vero uomo primitivo, un gaucho o un cow boy, forte come un toro, a cavallo di una bici, marca Legnano, ovviamente.





Nessun commento:

Posta un commento