2 novembre 1975
Pier Paolo Pasolini fu
ucciso 45 anni fa
Una nuova inchiesta di Simona
Zecchi, già autrice di Massacro di un
poeta,
indaga sul movente di quel delitto e su quello che il poeta
sapeva
Stragi, Vaticano, DC: quel che il poeta
sapeva e perché fu ucciso
Ponte alle Grazie
pp. 444 – euro 18,00
Dal 5 novembre in libreria
IL LIBRO
Pier Paolo Pasolini sapeva e
ha ottenuto poi le prove. A 45 anni dal
massacro dello scrittore questa inchiesta è finalmente in grado di
dimostrare di cosa era venuto a conoscenza e in possesso il Poeta prima di
finire ammazzato all’Idroscalo di Ostia, dove era stato condotto con un
espediente, una trappola, montati ad arte sin dall’agosto del 1975. Questo libro, dopo che la sua autrice
nel precedente lavoro ha mostrato come è stato ucciso e chi si è incaricato
della sua soppressione, ricostruendo quasi al dettaglio la trappola
dell’agguato, intende mostrare e
spiegare il perché: attraverso nuovi
documenti (con la forza delle immagini che li riproducono), nuove prove – quelle che un giornalista
può portare – e nuovi testimoni.
Da anni il movente del suo
assassinio tribale, quasi sacrificale, era divenuto il fantasma di carta su cui
far aleggiare le diverse ipotesi. Di carta come quell’Appunto o capitolo di
Petrolio forse mai scritto – Lampi su ENI
– sebbene di certo ideato e citato in un altro dei capitoli come work in progress, quale ormai la summa dei suoi ultimi lavori era
divenuta. Come lo stesso film Salò,
«protagonista» suo malgrado di questa storia sbagliata: tutti documenti (anche
filmici) da ultimare e da utilizzare come mezzo espressivo e di denuncia.
Le domande che nessuno si è davvero mai posto in
questi anni sono due: gli innegabili
depistaggi e le innumerevoli manipolazioni avvenute prima durante e dopo le
indagini (tutte), condotte sulla sua morte potevano essere state approntate per
coprire un ragazzo di vita o un manipolo di persone considerate reiette della
società allora come ora? E, di contro, si uccideva uno scrittore per qualcosa
che tra le altre denunciava (la morte di Enrico Mattei addebitata a Eugenio
Cefis) ma che era argomento noto e ben approfondito in quegli anni di tensione
e spie su giornali, agenzie veline e libri?
L’inchiesta spezzata di Pier Paolo Pasolini ci accompagna
finalmente al di là del campetto di Ostia e fuori dal «complotto» fine a sé
stesso, via via fino al movente che lo
ha condotto alla morte. Fuori dal luogo dove il corpo del poeta è stato
rinvenuto in una pozza di sangue la mattina all’alba del 2 novembre 1975. Questa inchiesta si inoltra nel territorio
della strategia della tensione in modo inedito, inserendo la sottrazione che si
è compiuta negli anni del poeta-giornalista tra i corpi insepolti di tanti
giornalisti di questa nostra Repubblica ammazzati o fatti sparire per le loro
inchieste su mafie e terrorismo, quelle che ancora dovevano essere pubblicate.
Sempre escluso da quell'elenco, Pasolini invece si era messo i panni
dell’investigatore sin dalla strage di Piazza Fontana, smettendo
volontariamente quelli del poeta o dello scrittore di trame: per «ragioni
pratiche» come scrisse anche in versi già dal 1971, anno in cui pubblica la
poesia Patmos, dedicata alle vittime della strage di Milano ma scritta
il giorno successivo ai fatti, con una nota riservata già alla diciottesima
vittima di Piazza Fontana, pur non sapendo ancora che quella vittima fosse
Giuseppe Pinelli.
Questo lavoro investigativo a
un certo punto si biforca in due inchieste, una piega divenuta necessaria via
via che si procedeva con la raccolta di lettere, documenti, carte giudiziarie e
testimonianze: rivelare il movente dell’omicidio non era infatti più
sufficiente, bisognava svilupparne il lavoro interrotto, la inchiesta spezzata,
a sua volta ramificatasi in quella sulla destra culturale che aveva poggiato i
suoi artigli specularmente sul mondo culturale opposto non senza riceverne in
cambio qualcosa: complicità e silenzio.
Questo libro ricostruisce
l’esatto percorso che stava compiendo Pasolini: il dossier a lui giunto dalla
seconda metà dell’ottobre 1975 inviatogli da Giovanni Ventura, coinvolto nella
strategia della tensione, con cui lo scrittore era in contatto epistolare sin
dal 2 marzo 1975. Tale documentazione conteneva tutti i crismi di uno scandalo
di corruzione e bombe che doveva assurgere, nelle intenzioni di Ventura (in
carcerazione preventiva in quel momento), a un libro da pubblicare con
l’obiettivo di ricattare il politico ai vertici della DC (come il poeta Dario
Bellezza aveva indicato nell’ultimo dei suoi libri prima di morire di HIV nel
1996). Quel politico era Mariano Rumor, presidente del Consiglio l’anno di
Piazza Fontana; e il ricatto riguardava una enorme operazione di corruzione che
vedeva coinvolti imprenditoria rampante, destra culturale ed editoriale,
Vaticano nella persona di papa Montini, Papa VI, e la CIA nella forma più
ufficiale della NATO. Una parte della massa di denaro evasa da tutti i componenti
è servita per il piano di destabilizzazione.
È lo schema della strategia
della tensione volto a stabilizzare dopo la creazione del caos, schema che ha
attirato nella sua rete, attraverso la tattica della provocazione e della
infiltrazione a sinistra, detta della «Seconda linea», anche Pier Paolo
Pasolini, una rete nella quale il giornalista-Pasolini è caduto perché era però
alla ricerca della verità sulle stragi, come dimostra la lettera inviata a
Ventura il 24 settembre 1975. Una provocazione che ha trascinato con sé
l’innocenza della sinistra ottenendo la strumentalizzazione di Valpreda, il cui
anarchismo Pasolini denunciava, come si potrà leggere nel dettaglio in questo
lavoro. Testi e interviste che non si sono mai volute leggere a sinistra.
Una sinistra politica e
culturale silenziosa, a volte più crudele verso Pasolini della destra stessa,
ha sancito questo accerchiamento sia volontariamente sia involontariamente
condannandolo alla solitudine che spesso lo scrittore il regista il poeta e
infine il giornalista d’inchiesta Pasolini ha vissuto, dichiarandolo
apertamente, negli ultimi due anni della sua vita e fino alla notte del 1°
novembre 1975.
I punti principali
-
Il dossier inviato
a Pasolini: tutta la ricostruzione e il percorso per arrivare a lui
-
Il finanziamento
delle bombe e il ricatto politico a Mariano Rumor
-
CIA, Vaticano e DC:
i componenti dello scandalo che avrebbe rivelato il Poeta
-
L’accerchiamento
operato verso lo scrittore
-
George Armstrong: la fonte anglo-americana di Pier Paolo Pasolini
-
Estrema destra,
criminalità organizzata e l’Anello (o Noto Servizio)
-
Un nuovo testimone
e l’altra Alfa GT
-
Le parole di Gian
Adelio Maletti sullo scrittore
-
Il nodo politico
sinistra-Pasolini e il vulnus Valpreda
-
L’isolamento e il
massacro
Simona Zecchi è giornalista e autrice di libri inchiesta. Ha
pubblicato Pasolini, massacro di un Poeta (Ponte alle Grazie 2015) e La
criminalità servente nel Caso
Moro (La nave di Teseo 2018). Negli ultimi due anni ha collaborato
con l’emittente europea Euronews di Lione. È autrice di diverse esclusive e
alcuni suoi lavori sono stati acquisiti in ambito investigativo. Ha vinto il
Premio Marco Nozza 2016 per l'informazione critica e il giornalismo
d'inchiesta, e il premio internazionale per il giornalismo d'inchiesta Javier
Valdez 2019. Scrive su Il Fatto Quotidiano e altre testate. È autrice di
saggi e traduttrice.
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