Una serie di ventisette romanzi, cominciata nel 1994 con “La forma dell’acqua”, da leggere e rileggere, per assaporare e lasciarsi affascinare, affatare, dal Vigatese, la lingua musicale inventata dal Maestro, che intreccia, in trama e ordito di magia pura, il dialetto siciliano e la lingua italiana. Tutti possono capirla se si lasciano condurre dalla sua trascinante musicalità e dal suo ritmo che ci trasporta nei canti della terra e del mare di Sicilia.
recensione di Tiziana Viganò già pubblicata sul portale MilanoNera
Sembra alquanto arraggiato, Camilleri, da qualche critica che ha ricevuto e certo
non lascia correre: qua e là, lancia battutine contro chi lo considera solo
autore di genere, che si vende nei supermercati, un prodotto mediatico, che
scrive sempre e solo storie sul rapporto mafia-politica, roba fritta... È
stanco anche di scrivere, ha ormai ottant’anni.
Siamo nel 2005 e Camilleri decide che
la fortunata serie di Montalbano finirà con questo romanzo: “Riccardino”
invece rimarrà ben custodito dalla casa editrice Sellerio, in attesa di darlo
alle stampe dopo la morte dell’autore, secondo la sua volontà. Negli anni
successivi, per nostra fortuna, Montalbano continua a vivere in altri romanzi e
solo ora, a un anno dalla morte, possiamo leggere come Camilleri aveva deciso
di “eliminare” il commissario.
Salvo è diverso dal solito, nervoso,
stanco, oppresso dalle vecchiaglie,in
affanno e confuso: lo sdoppiamento tra lui, Persona reale e il Personaggio
letterario e televisivo è diventato un peso, anzi, una sfida surreale tra lui e
l’Attore. Il Montalbano reale si pente di aver
raccontato, tanti anni prima, una sua indagine a un autore locale che
subito aveva arracamato un romanzo,
poi un altro e un altro ancora... grandi successi arrivati fin in televisione.
Addirittura Salvo per strada viene scambiato per il Personaggio, e si chiede
spesso come si comporterebbe il Montalbano Attore: una continua lotta col
doppio di letteraria memoria
“... ‘No scassamento di cabasisi ‘nsupportabili, che pariva nisciuto
paro paro da ‘na commedia di ‘n autro autore locali, un tali Pirandello.”
L’Autore invade la sua vita con
continue telefonate, che lo fanno sentire pigliato
da’ turchi. Del resto l’indagine è un vero guazzabuglio e sembra che
Montalbano stia boicottando se stesso.
Il Professore-Autore sente di
intervenire pesantemente
“...tu mi vuoi solo sputtanare, Montalbà. Vuoi fari tirreno
abbrusciato torno torno a mia. Vuoi che i miei romanzi su di te diventino
illeggibili.”
C’è un’insolita vena comica in questo
romanzo che va di pari passo con la malinconia. Il teatro dell’opera dei pupi è
più movimentato e contraddittorio che mai: tra Sua Eccellenza, l’ambiguo piscopo, e i suoi parrini, sottosegretari e onorevoli in odore di mafia, amici che
forse amici non sono, storie di cornuti e povirazzi,
i preoccupati poliziotti del commissariato di Vigata e un Catarella sempre più
chiassoso e scentrato.
Che succederà quando l’Autore vorrà
imporre il finale più semplice dell’indagine al Montalbano-reale?
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