Lisbona, la Torre di Belem al tramonto, sul Tago |
Per Il Vizio di
scrivere, domenica 19 gennaio 2020 presso la Biblioteca di Rescaldina, Michela
Penna ha scritto questo suggestivo brano per l’argomento "Sole"
“Se fossi Dio farei fermare il sole su
Lisbona” scriveva Fernando Assis Pacheco in una poesia di un solo verso
citata in una cronaca di António Lobo Antunes, per
colpa del quale - a ventiquattro anni - scoprii che
l’ammirazione e l’invidia sono sorelle.
Io,
seduta a leggere sul terrazzo di casa, ammiravo e invidiavo chi, in una
manciata di parole, aveva saputo racchiudere tutti i miei mezzogiorni a Portas
do Sol, passati a perdermi nei bagliori di Alfama riflessi negli occhi dei
turisti e distratta solo - a intervalli regolari - dallo stridore delle
rotaie del tram ventotto.
Ammiravo
chi aveva raccontato le mie fughe dalle lezioni di filologia, quaderno degli appunti
buttato di fretta nell’Eastpak, “até
amanhã, professora”, Alameda da
Universidade percorsa a velocità allegro ma non troppo per non scivolare sui
sampietrini e perdere ancor più tempo, irruzione nella metro gialla dai sedili
di sughero, messaggio
“ciao mamma tutto ok ci sentiamo stasera”, scale mobili dell’uscita di Praça do Comércio scalate come l’Everest e mannaggia a chi non tiene la destra, e finalmente sui gradoni di Cais das Colunas ad accecarmi gli occhi col riflesso del sole sul Tago.
“ciao mamma tutto ok ci sentiamo stasera”, scale mobili dell’uscita di Praça do Comércio scalate come l’Everest e mannaggia a chi non tiene la destra, e finalmente sui gradoni di Cais das Colunas ad accecarmi gli occhi col riflesso del sole sul Tago.
Detestavo
chi, nascondendosi dietro le pagine dei suoi libri, aveva scoperto me e Markus
divorare bomboloni alla crema sulla spiaggia di Caparica, dove il sole cocente
litiga con l’oceano gelido e per tuffarsi serve la convinzione che le calorie
diano calore, oh, lo dice la parola.
E
ammiravo chi aveva contato i miei sette calippo alla coca cola mangiati ogni
domenica sulla passeggiata che collega il Monumento ai Naviganti alla Torre di
Belém, sette come i chioschi che vendono limonata fresca e ghiaccioli su quel
tratto di lungo fiume, ché hanno calcolato le distanze in maniera perfetta:
quando si sta per giungere alla nuova oasi il calippo precedente è appena stato
terminato e le dita della mano destra si stanno già infilando nella tasca dei
pantaloncini a cercare l’euro salvavita successivo.
Oggi
ho freddo, ma su Lisbona splende il sole.
Lo
so perché Dio ascolta sempre i poeti, e lo so perché per essere certa che non
si dimentichi di ascoltarli controllo ogni mattina la webcam de Ilmeteo.it.
Inquadra il Campo Pequeno e Campolide, mentre i miei occhi inquadrano il sole
tra gli alberi della biblioteca di Rescaldina.
È
un sole diverso, che parla e non canta. Sole in portoghese è Sol, è una nota
musicale, suona il fado e la pimba delle feste popolari.
Ma
io un po’ di musica la sento anche da qui, perché so che anche oggi, là dove è
più importante, Dio ha fatto bene il suo lavoro. Me l’ha detto la webcam.
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