La settimana di Bookcity Milano comincia molto bene quando, aprendo le mail, ne trovo una così, scritta da una persona competente che mi presenterà proprio per Bookcity:
"...Voglio intanto farle i complimenti perché la sua scrittura ha una finezza ed una eleganza straordinarie. Ho letto questo file e ho avuto la sensazione che tanti pensieri, che spesso mi vengono in mente osservando e ascoltando ciò che accade intorno a me, si siano trasformati in parole...(I brani che leggerò) sono scorrevoli e vanno “all’essenza” di un contesto già di per sé ricco.
.....
Continui a scrivere, perché questo mondo ha bisogno di essere salvato dalla bellezza".
qui di seguito i brani che saranno letti durante la presentazione
Skiatos
“…Cerca un posto tranquillo dove fermarti a
guardare le onde. Il mare accompagna i ricordi e i sogni che emergono con la
magia di quel movimento ritmico, ipnotico: la musica dell’acqua evoca pensieri,
poi si ritira ripulendoli. Li chiama e li cancella, se serve. La mente si
rinnova e può ricominciare.
Guarda il fondo del mare dove si riflette il
luccichio del sole che attraversa l’acqua, una rete luminosa in moto perpetuo,
la fotografia delle onde in superficie.
Guarda all’orizzonte il mare che diventa
cielo.
Assapora la salinità, sapida e amara, senti il
vento che ti accarezza e fa volare i pensieri come gabbiani: sono veloci,
sempre in movimento, in alto e in basso, battono le ali, poi le bloccano con
energia, creature d’aria e di acqua.
Ascolta il silenzio.
......
Non è da tutti fare un viaggio da soli. Non
puoi farlo se hai bisogno di riempire i silenzi con fiumi di parole, se devi
sempre vedere gente attorno a te, se la tua voce interiore è agitata o grida,
se non basti a te stesso, se non hai un buon equilibrio profondo. Però ti dà un
ampio senso di libertà, aumenta la tua capacità di osservazione e di ascolto
della natura, delle cose e della gente.
Se la voce dentro di te ti parla con calma e
ti fa compagnia, puoi cercare parole e vicinanza con altre persone sconosciute
che ti possono arricchire. Puoi parlare, solo quando vuoi, col pescatore o con
il negoziante, con la cameriera o con l’albergatore, con il ristoratore o col
cuoco, col viaggiatore incallito o con altre donne e uomini che viaggiano soli
o in gruppo.
Tante storie, tanti personaggi che provengono
da paesi diversi: un’esperienza unica per capire la molteplicità. Non lo
faresti mai se fossi in compagnia, non fosse altro che per la pigrizia di dover
parlare sempre in lingue straniere.
Skopelos
Che emozione le foreste di Skopelos, un caldo abbacinante e un verde così
intenso: c’è tanta acqua, piove molto nelle altre stagioni. Le rocce della
terraferma si sono frantumate in pezzi piccoli e grandi durante i terremoti
millenari, si sono staccate e rimangono come a formare una gigantesca collana
di pietra buttata da una dea nel mar Egeo. La vegetazione è rimasta la stessa
della terraferma, distese di pinete con alberi altissimi, che sono diversi dai
nostri pini montani perché hanno un colore verde-giallo dorato invece che verde
scuro, sempre genere Pinus, ma di una specie diversa: la meraviglia è che il
sottobosco è stato colonizzato dalle piante della macchia mediterranea, querce lentischi
corbezzoli ginepri ginestre cisti euforbie mirti allori… un’orgia di profumi
inebrianti che la Natura mescola come nessun profumiere al mondo sarebbe capace
di fare.
Sud
Sudan
I dinka non parlano mai ad alta
voce, non gridano, sono gentili, molto composti e, anche se in un primo momento
sembrano seri, sono pronti a sorridere e a parlarti anche se non capisci la
loro lingua, a stringerti la mano all'occidentale oppure ad alzare le braccia
mostrando o battendo i palmi delle mani chiari, rosati, così in contrasto con
la pelle color ebano, di un nero profondo, liscia e glabra.
Hanno occhi nerissimi, che brillano come ossidiana, grandi e allungati, a
mandorla, con una forma che ricorda quella dipinta degli antichi Egizi; zigomi
alti, guance scavate, grande naso e grandi denti, bianchi o disastrati, a
seconda dell'età e dello stato di salute.
Sono molto alti, fino a due metri, hanno corporatura sottile e muscolosa,
testa arrotondata e oblunga, con capelli dai ricci inestricabili che quasi
tutti portano rasati o con treccine acconciate in varie fogge.
Si muovono con lentezza nel caldo intenso, con passi lunghi e agili, che
nelle donne assumono particolare eleganza, anche quando trasportano grossi pesi
sulla testa o spingono una carriola piena di sassi o di contenitori per
l'acqua.
Molte donne, e
anche qualche uomo, sembrano pronti per una passerella d'alta moda: schiena
eretta, spalle indietro, collo forte che sostiene una testa in posizione regale
(portare sacchi, taniche e fascine sul capo fin da bambini, regala un'andatura
così!). Sono tutti magrissimi, le donne con pochissimo seno, il ventre piatto,
le lunghe falcate delle gambe proprio ricordano in alcune il passo lanciato in
avanti che si vede nelle sfilate.
Quando vedo passi
ondeggianti o dinoccolati penso alla loro stanchezza...
Repubblica Dominicana
Il nostro
concetto di felicità non collima con quello della maggior parte del mondo, e
come a noi sembra incomprensibile il loro modo di vivere e di concepire la
vita, così a loro sembriamo tutti un po’ folli. Vivere il presente però, anche
se rende meno angosciati sulle cose che vanno oltre la sopravvivenza e la
sicurezza della vita materiale, diventa un limite grande quando rende la vita
così precaria e instabile che basta un niente per distruggere in un giorno
tutto quello che si è guadagnato in mesi o in una vita, un’inezia.
....
«Un giorno ridi,
un giorno piangi, la vita è così». Così si arriva all’essenza, dove ogni cosa è
quello che è, si capisce il confine tra necessario e superfluo, si è felici di
niente, anche solo della sopravvivenza, si impara ad aspettare tempi
lunghissimi, ci si adatta a tutto, ci si rassegna all’inevitabile, alla Natura,
al Destino: piedi ben ancorati alla Terra, desideri ridotti all’essenziale, una
serenità che non è distacco, ma legame con la realtà... e anche negazione.
Il bisogno di
vivere regge e sostiene un’esistenza così difficile: sogni progetti aspirazioni
si scontrano con una realtà, con una Natura, che qui più che mai sembra
“matrigna”, mascherata com’è dietro gli idilliaci aspetti che noi, di questo
“altro mondo”, sempre sogniamo.
Indagare questa
realtà, capirla con empatia, serve anche a noi per connetterci con l’essenza.
Abbiamo perduto
il senso di quello che è davvero necessario e quello che è superfluo. Il nostro
mondo complesso ci dà tantissimo, comodità, bellezza, ordine, sicurezza: se il
lavoro negli ultimi anni di crisi è mancato a tanti, in Italia nessuno ha fame,
ci sono ammortizzatori sociali che ci tutelano, la salute è garantita per tutti
ad alto livello, i senzatetto sono pochissimi, ci sono
centri di
accoglienza e mense dei poveri, in caso di calamità naturali lo Stato interviene,
perfino i migranti e i profughi sono accolti con decenza.
Il nostro mondo
non è perfetto, ma può essere sempre migliorato perché la democrazia e la
libertà ci garantiscono e ci proteggono. Eppure ci manca la felicità, non siamo
mai soddisfatti, siamo sempre alla ricerca di qualcosa che non sarà mai come lo
desideriamo, ci lamentiamo di tutto, vorremmo fuggire non si sa dove.
La lezione che ci
viene dal mondo di chi non ha niente è proprio quella di accorgerci
dell’essenza e dell’essenziale, di spogliarci di molte cose che sono come uno
zaino pesantissimo che ci portiamo dietro senza avere la consapevolezza di
poterle eliminare, di ritrovare il senso di ciò che è davvero
importante nella
vita, da conservare e difendere, e quello di cui possiamo liberarci per vivere
meglio. Ritrovare l’essenza.
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