“L’onda lunga del Titanic” è una doppia storia d’amore, in
parte ambientata ai giorni nostri: la protagonista è una donna di successo che
si innamora di un uomo e dovrà compiere una scelta importante per la sua vita:
avrà molti dubbi e incertezze, ma nella sua scelta sarà aiutata dalla ritrovata
storia di una ragazza di cent’anni fa, realmente imbarcata sul Titanic.
C’è un motivo per cui ho scritto questa storia dolce e
malinconica, ma bella, romantica, una storia d’amore condiviso tra due
personaggi realmente esistiti che sono diventati eroi e, come quasi tutti gli
eroi e le eroine del passato, della storia e della letteratura, sono morti.
Mary si trova davanti a scelte difficili e importanti: è solo una ragazzina
innamorata, nata in un minuscolo
villaggio, sperduto nell’Irlanda di cento anni fa, ma sceglie l’amore, e muore
PER AMORE. Davanti a tutte le storie in cui le donne muoiono PER MALAMORE mi fa
piacere sottolineare, che l’amore di
coppia quando è condiviso, sereno, sincero, riesce ad abbattere le difficoltà
della vita, riesce a far vivere bene. Ed esiste. Come esistono uomini che sanno
essere protettivi senza essere oppressivi, che sanno sostenere senza
costringere, che sanno amare davvero. Ci sono donne fragili, dipendenti, e
forse anche Mary Mullin era così, secondo canoni di cent’anni fa, come di oggi.
Ma mi piace ricordare QUELL’ICONA UNIVERSALE DELL’AMORE che è l’immagine di
ROSE sulla prua della nave nel film “Titanic” di Cameron:
JACK non la stringe,
ma è pronto a sorreggerla, ad abbracciarla e lei può volare, nonostante il
vento contrario, nonostante tutto.
Ho scritto UNA TRILOGIA SULLE DONNE che tratta il problema
da tre punti di vista: le donne che superano difficoltà e vincono (Come le
donne), le coppie che soccombono perché incapaci di risolvere i problemi
(Sinfonia nera), le coppie serene e felici (L’onda lunga).
I libri servono a darci ispirazione, a darci idee: LA
SCRITTURA, LE PAROLE che usiamo sono importanti e sono specchio della struttura
profonda dentro di noi. Dobbiamo smettere di essere sempre e comunque negativi,
di vedere solo il brutto e non il bello che c’è.
Però… Bisogna anche saper usare le PAROLE GIUSTE, bisogna
dire le cose come stanno: così parliamo di FEMMINICIDIO, ma anche di vita
serena nelle coppie. Non parliamo sempre e solo delle coppie disfunzionali, ma
anche di quelle felici: non usiamo sempre la parola tragedia o dramma, perché
dà l’idea che tutto sia nelle mani del destino, lontano e inevitabile, diamo
nome e cognome ai colpevoli dei fatti di sangue,
Non parliamo di RAPTUS O DI FOLLIA perché nessun
femminicidio o omicidio arriva senza i SEGNALI che ne danno l’avviso, impariamo a
coglierli, ad aiutare le vittime, a fare comunità per chi ha bisogno.
Non
insinuiamo L’IDEA CHE SIA LA DONNA CHE VUOLE SEPARARSI LA COLPEVOLE del fatto
di sangue: il colpevole è chi commette femminicidio (quando non infanticidio) è
l’uomo che non accetta la separazione, non la donna che vuole lasciare un uomo
violento. Colpevole è chi non è stato educato ALLA FRUSTRAZIONE, A RICEVERE I
NO che la vita ci pone quasi ogni giorno: impariamo, come madri dei futuri
uomini, a educarli a questo e al rispetto per tutte le persone.
Combattiamo il Male, ma non dimentichiamoci di vedere anche
il Bene.
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