sabato 27 gennaio 2018

“Fiori di pesco” racconto di Marina Litrico per Il Vizio di scrivere

Biblioteca di Rescaldina, 21 gennaio 2018: con l'argomento sorteggiato "Fiore di pesco" Marina Litrico ha scritto un delicato racconto
della memoria


«Una bella giornata, proprio una bella giornata» Pensò soddisfatta guardando la luna bassa e grande che riempiva la notte del suo latteo chiarore. Accostò un po’ le tende e avanzò fino al letto; lui dormiva già. Accese la lampada sul comodino e guardò l’alto vaso di cristallo sul comò e i tre lunghi e sottili rametti che conteneva. Tre fragili steli colmi di delicate corolle di un pallido rosa: fiori di pesco, il dono inaspettato di suo marito in un giorno qualunque. Un dono che aveva gradito proprio perché non celebrava alcuna ricorrenza, ma testimoniava l’affetto che li univa, l’animo dolce del suo uomo.
«Li ho visti e non ho resistito, troppo belli per non portarteli» le aveva detto porgendoglieli «So che ti piacciono»
«Sono un annuncio di Primavera, grazie» aveva risposto sorridendo, poi aveva cercato il vaso adatto sistemandolo in camera ed era ritornata a occuparsi del pranzo domenicale, non sontuoso quel giorno perché sarebbero rimasti soli, privi della consueta compagnia di figli, nuore, generi e nipoti.
Nella cucina si udiva solo il discreto ribollire del sugo, dal soggiorno giungeva remoto il mormorio della televisione accesa. Sicuramente lui stava guardando il telegiornale. Seduta e tranquilla ricordò a un tratto un’altra cucina e un altro tempo, quello della sua infanzia quando, in una ben più grande cucina, osservava la nonna intenta ai fornelli e le zie impegnate nella preparazione di diverse pietanze. Allora spesso si limitava a guardare, solo talvolta era coinvolta in qualcosa per un aiuto, come preparare dello zucchero a velo tirando lo zucchero, con un grande barattolo di vetro, sul piano di marmo della tavola, o sbattendo energicamente burro e zucchero, o rigirando un intingolo; piccoli aiuti in un lavorio corale affinché il pranzo o la cena riuscissero buoni e perfetti. Nulla lasciavano al caso le donne della sua famiglia e, specie nelle occasioni speciali, la nonna sembrava un generale alle grandi manovre e i suoi ricevimenti per la famiglia e gli amici restavano memorabili.
La sua nonna, tanto piccolo e minuto donnino, quanto immenso era il suo vigore e la sua fantasia; una vera forza della natura, una indomabile dea madre.
Nella sua infantile blasfemia spesso pensava al nonno come a Dio padre, allo zio materno come a Gesù e alla nonna come Spirito Santo, risolvendo in modo personalissimo il mistero della Trinità divina.
Sua mamma e le zie impersonavano le tre Grazie. Mescolava così il sacro e il profano crescendo felice tra realtà e immaginazione, tra prosaico e letterario.
Nel presente riandava col ricordo al passato e si sentiva un poco dolente per quel tempo, quel piccolo mondo quotidiano trascorso che mai più sarebbe tornato insieme ai suoi cari, ormai persi nell’eterno silenzio, eppure così presenti e vivi per lei. Sorrise fra sé.
«Presto sarò un ricordo anch’io e non saprò mai cosa gli altri ricorderanno di me» mormorò parlando a se stessa.
Non le restò che apparecchiare la tavola con la solita cura, mangiare parlando col marito, pisolare durante il pomeriggio sul divano, ricevere e fare qualche telefonata, leggere qualche pagina di un libro accuratamente scelto, cenare, guardare un po’ di televisione ed ecco: la giornata era trascorsa serena, piacevole, dolce e allietata da quei tre rametti di fior di pesco che ora, assorta, guardava alla flebile luce della lampada notturna della sua stanza.
La mente fa davvero strani scherzi ad una donna ormai più che matura; forse per colpa di quei fiori primaverili lei si ritrovò nell’aula assolata del suo liceo e un’altra volta diciassettenne, con la sua massa di capelli castani incendiata dai riflessi ramati e gli occhi grandi e colmi d’attese, di fronte al suo ragazzo d’allora che le offriva tremando un ramo di mandorlo in fiore per San Valentino, sperando così di comporre l’ennesimo sciocco litigio. Chissà dov’era adesso quel suo bruno, riccioluto Mercurio? Lontano, perduto, ma un lieto ricordo.
«Talvolta davvero gli uomini sanno stupire» si disse nel coricarsi e si volse per spegnere la luce e dormire.





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