sull'argomento "Acque
dolci, acque salate" Giampy Calibano ha scritto questo bellissimo racconto sui salmoni - Biblioteca di Rescaldina, 11 giugno 2017
Billo nuotava tra quei vortici che si increspavano
freddi, rompendosi in schiuma biancastra negli scontri tra le rocce. Erano
giorni che risaliva la corrente. Aveva lasciato il mare al largo delle isole
Faroe dove era cresciuto insieme ai fratelli. Era grande adesso. Si sentiva
pronto, era tempo di tornare al suo fiume: il Leven.
Il suo nuotare sembrava una danza. Le pinne all’unisono
con il corpo ondeggiante spingevano con forza lottando contro i flutti.
L’energia accumulata nel periodo trascorso in mare andava mano a mano scemando.
Ma i fratelli correvano per risalire il Leven e lui li
seguiva, spiando con occhio vigile le sporgenze appuntite che come trappole si
trovavano lungo il percorso.
Goran era il capo branco e guidava il gruppo. La sua
forza era immensa e ogni tanto incitava gli altri, mancava poco al traguardo.
Leila aveva già fatto il viaggio e deposto le uova, li
aspettava nascosta in un anfratto, in un raschio di fondovalle dove pasturava
indisturbata.
Quando Billo arrivò a depositare il suo seme era
stremato. Vide i piccoli sassi disposti a croce, sapeva che quello era il
punto. L’alveo si era fatto più stretto e l’acqua molto fredda gli dava quasi
dei piccoli brividi. Scosse il corpo con quanta forza gli era rimasta e il
fluido che ne uscì andò a depositarsi sulle uova.
Ora poteva raggiungere Leila.
Il sapore fresco e pungente di quella mattina, quelle
acque dolci che sapevano di casa lo tranquillizzavano.
Leila era un bel esemplare di salmone. Billo era
cresciuto con lei. Con lei aveva imparato a catturare gli insetti a riconoscere
i piccoli gamberi, a nascondersi tra i ciottoli melmosi.
Non fece in tempo a udire il segnale di Goran.
All’improvviso gli mancò l’acqua, si sentì sollevato, non riusciva a respirare,
un senso di soffocamento lo percorreva fino alla pinna caudale. Finché non
ricadde sulla sponda del Leven, davanti alle zampe pelose di un Grizzly. Una
luce accecante fu l’ultima cosa che vide, mentre le unghie affilate gli
perforavano le branchie.
Tutto quello che rimaneva di Billo erano le uova
fecondate di Leila e da loro nacque Ziggy.
La vita di un pesce non è diversa dalla nostra, da quando
era uscito dal suo uovo, nascosto fra la ghiaia, Ziggy aveva scoperto un sacco
di cose. Anche il suo corpo era in continua trasformazione. Non immaginate la
sua meraviglia quando un giorno vide spuntare le prime pinne.
Era passato quasi un anno da quando aveva imparato a
guizzare felice insieme ai fratelli e alle sorelle nell’alveo del Leven. Andava
alla caccia di crostacei, senza essere mai sazio, era ritenuto dagli altri “un
mangione”. Ma amava anche curiosare tra le rocce, saltare da sponda a sponda,
fare lo slalom tra la bassa vegetazione acquatica che popolava il torrente.
Ziggy era un pieno di vitalità.
Da qualche giorno però non si faceva che parlare del
mare, sembravano tutti impazziti e ansiosi di scendere verso il mare, sarà
stata la primavera.
Non capiva per quale motivo bisognava lasciare il Leven,
lui ci stava così bene, aveva imparato a giocare con la corrente. Sfidava gli
altri a stare immobili nelle pozze del fiume, senza farsi trascinare.
Quando il primo gruppo partì lui li salutò indifferente.
Ma la curiosità incominciò ad agire e divenne come una
piccola palla di neve che rotola fino a trasformarsi in valanga.
Forte dei suoi muscoli Ziggy decise di andare a conoscere
il mare.
Dicevano che aveva un sapore diverso, un odore di sale
che ti riempiva le branchie e poi c’era cibo, tanto cibo: molluschi e pesci di
ogni genere.
Il Leven scendeva con salti e cascatelle che bagnavano le
terre di Scozia, si allargava arrivato in pianura fino a formare un estuario a
imbuto.
Ziggy annusava intraprendente quell’acqua salmastra.
All’improvviso un'immensità di blu e solo acqua fino a perdersi, niente sponde,
niente rocce.
Quell'acqua gli attraversava le branchie ed era diversa.
Sì, era salata. Ma quanto era più facile nuotare in quelle acque, si sentiva
più leggero e allo stesso tempo più forte, sentiva il sole diretto sulle squame
che lo scaldava e lo riempiva di vigore. Dava dei colpi con le pinne fino a
prendere velocità folli, zigzagando come un pazzo felice, ebbro di quella
sensazione di libertà. All'inizio aveva avuto paura di quell'infinito,
dell'ignoto a cui andava incontro, ma c'era qualcosa che non sapeva spiegare,
una specie di attrazione, una calamita che lo faceva nuotare in quell'abisso,
che lo spingeva a conoscere fino a dove c'era acqua.
Un mondo nuovo, con pesci di forme e colori diversi, che
a branchi o solitari erano il popolo nomade di quei luoghi e poi grotte e
anfratti dove nascondersi, dove vivevano molluschi sconosciuti, ma buonissimi,
vegetazione che ondeggiava, colori cangianti e luci che si accendevano o
spegnavano al passare delle nuvole.
Ziggy proseguì curioso finché sotto di lui non diventò
impossibile scorgere il fondale e poi ancora più avanti dove le correnti
spingevano forte, dove anche lui faticava a nuotare e sentiva sopra di sé il
suono delle onde che ricadevano potenti.
Solo acqua intorno e la luce del sole a dare un po' di
calore, niente confini.
Un'enorme, incessante, imponente distesa di blu.
Nuotava fiero in quella sterminata quantità di acqua e
non si faceva domande sul domani.
Ciao a tutti. Bravo, Calibano. Complimenti per il blog.
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