martedì 24 luglio 2018

Colori di pelle - Repubblica Dominicana: un capitolo di "Viaggi di nuvole e terra" di Tiziana Viganò


un capitolo del libro "Viaggi di nuvole e terra" di Tiziana Viganò, 2018, Macchione editore
pag 94-97

"Colori di pelle


Ha mille sfumature diverse la pelle dei dominicani, un miscuglio di etnie

diverse che si sono incrociate da cinquecento anni: i mulatti discendono
dagli incontri tra i bianchi e i neri fin dall’età dello schiavismo e anche nei tratti del viso rispecchiano le diverse provenienze, chissà qual è la percentuale
di sangue bianco che hanno nelle vene? Sicuramente disprezzano quelli che hanno la pelle più scura, pur discendendo dagli stessi antenati, provenienti dall’Africa del nord-ovest.
Colpisce subito una certa tranquillità di modi, il sorriso sempre pronto, la gentilezza e la disponibilità.
Generalizzando un po’, se penso al popolo tedesco mi viene in mente la precisione, agli inglesi l’efficienza, agli italiani il gusto per la bellezza, ai dominicani mi viene in mente il sorriso.
Una filosofi a di vita: «Vivere», mi hanno detto quelli a cui l’ho chiesto, con molta tranquillità, quella che è possibile, senza farsi troppe domande,senza troppe pretese, con poche ansie nei riguardi del futuro. 
Da europea abituata agli stress e al problem solving penso di poter condividere in pieno,anche se so che salire la china dello sviluppo richiede forti obiettivi, molta determinazione, molto lavoro duro, e una grinta che qui vedo in pochi: un
pizzico di stress, quello “buono” serve a muovere all’azione.
I dominicani con un lavoro stabile hanno condizioni di vita abbastanza buone, e qualcuno, professionista o imprenditore, molto buone: possono mandare i figli a scuola e all’università, hanno diritto alla salute pubblica,a trovare un lavoro da decente a ottimo, sono orgogliosi di appartenere al loro paese, hanno un atteggiamento fi ero e disinvolto, a volte un po’ sfacciato, e non mi sembrano troppo segnati dalla vita. Hanno anche la loro lingua spagnola, che li distingue, ben diversa dal creolo degli haitiani, che si chiama patua: un dialetto incomprensibile che mischia un po’ di spagnolo, un po’ di francese, un po’ di africano con tante k e b, le l al posto delle r, le b al posto delle v...proprio come venivano doppiati i neri nei vecchi film americani, come in “Via col vento”, decisamente buffo, astruso.

Se gli uomini portano i capelli rasati, e qualcuno i rasta, le donne danno
sfogo alla fantasia con varietà infinite di treccine, le bambine sono fantastiche con intrecci incredibili, decorati da fermagli colorati, spesso si vedono in giro donne con enormi bigodini che tengono in posa a lungo per stirare i capelli: una vera mania, i capelli e le unghie, ci sono parrucchiere e manicure ovunque, in ogni via, supermercati specializzati, le donne più povere vendono i loro capelli per fare parrucche.
Hanno pelle nera come zucchero bruciato, nera con riflessi blu, o marrone
come il cioccolato: gli haitiani sembrano una razza più pura, come se i
francesi colonizzatori non si fossero mischiati con i loro servitori neri come
gli spagnoli, hanno i tratti forti degli africani, sono diretti discendenti degli
schiavi, anche se non vogliono riconoscerlo.
Donne uomini e bambini hanno la pelle vellutata, glabra e apparentemente
asciutta nonostante il caldo atroce: hanno una bellezza antica e selvaggia,
occhi allungati con una profondità a volte inquietante, se non hai imparato
a conoscerli, con quel luccichio bianco che spicca nel viso scurissimo, sono abituati a nascondere le emozioni a non rivelarsi.
Quegli occhi che ho visto nei batey: li ho davanti perché mi hanno strappato il cuore, ogni sguardo è una storia, sempre qualcosa di indimenticabile, in un’infinita gamma di espressioni che fanno penetrare nel mondo della mente.
La forma allungata, l’espressione mite, dolce, timida, a volte sono impauriti e pronti a fuggire, oppure fissi per un orrore che non ha nome, impietriti per gli eventi di una vita che è solo fatica e dolore, ferro e fuoco. Mostrano una tranquillità che ai miei occhi sembra una resa al destino, o una negazione...o forse è solo un diverso modo di vedere le cose?
Occhi in cui all’improvviso si fa il vuoto, come se i pensieri si congelassero anche sotto il sole forte: dove la disperazione è superata c’è solo il senso della resa, del rifiuto di ogni lotta, perché ormai anche i muscoli non rispondono più, sono paralizzati, le forze vengono meno perché manca ogni nutrimento, fisico e psichico. Raramente ho visto la rabbia...o forse sanno nasconderla molto bene, si intravede sotto una mascella indurita, o nell’occhio che si arrossa all’improvviso, nei tratti del carattere passivo-aggressivo.
Spesso sfuggono a uno sguardo indagatore: mi vengono in mente gli animali,
che è meglio non fissare negli occhi a lungo, per alcune specie è un chiaro messaggio di minaccia e reagiscono male.
Se fissi a lungo gli occhi a una persona, questa tende a distogliere lo sguardo:
è timida, si vuole nascondere? Da noi si direbbe troppo facilmente
che mente: per me non è sempre così automatico, mi viene in mente un
comportamento atavico, è meglio non svelare troppo di sé all’estraneo, per
di più se di pelle bianca.
Ci sono occhi che all’improvviso si spengono per un pensiero negato o rimosso,
o che si muovono veloci al ricordo doloroso, o si fissano, senza più
un battito di ciglia. Difficile immaginare ciò che è passato dentro di loro,
ma è una storia che ha lasciato emozioni scolpite duramente sul viso scuro.
All’inizio mi veniva qualche dubbio: l’espressione assente o evitante è quel
la di chi fa finta di non capire, apparentemente tace e annuisce, ma in
realtà è molto furbo e più acuto di quanto non sembri a prima vista? Dopo
tutto gli antenati schiavi si abituavano a dissimulare e a essere remissivi, a
non parlare e a evitare, pena castighi ferocissimi.
Se il linguaggio delle espressioni facciali è universale, trasversale in tutte le
razze, non è sempre facile decodificare i segnali in razze diverse dalla nostra,
solo con la pratica e la conoscenza diventa tutto più chiaro, la psicologia
e la comunicazione che ho studiato per tanti anni mi vengono in aiuto.
Ma ho sempre in mente anche il passato di questi ex schiavi,intuisco comportamenti appresi dagli antenati che li hanno passati ai discendenti, e
sono diventati innati...quel passato non è troppo lontano, esiste ancora
oggi, e segna profondamente il comportamento di questo popolo.
Quegli sguardi li ritrovo anche nei bambini: per la maggior parte sono
spensierati, ridono, corrono, giocano, come tutti i bambini del mondo, ti
saltano addosso gridando, ti abbracciano. Ma ce ne sono alcuni che sembrano
già vecchi, hanno la serietà allarmante di chi ha visto già troppo,
oppure l’ambiente miserrimo e la sottostimolazione mentale hanno provocato
ritardi, oppure (e questo è così grave da dare i brividi) sono mancate
proteine e nutrienti per alimentare il cervello e il corpo. Non muoiono di
fame come ho visto in Africa, ma la malnutrizione è evidente in molti casi.
Perché vivono nella precarietà assoluta i migranti haitiani, spesso senza
documenti in regola, clandestini, senza diritti civili, senza patria, senza
lavoro, senza pari opportunità, con poche, pochissime speranze..."

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"Viaggi di nuvole e terra" 
di Tiziana Viganò
Macchione editore
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