L’intervista di Massimo Gardella a Giulio Perrone (8 maggio ore 18,30 presso la libreria Feltrinelli di Piazza Piemonte a Milano) |
Riccardo, 35 anni, si lascia vivere:
spesso incoerente, sempre pressappochista, privo di responsabilità, “mezzo depresso e fancazzista” vive galleggiando su un’ esistenza precaria,
che impone la necessità di ridurre al minimo gli sforzi, le aspettative, le
ambizioni. Uno qualunque. Messo in pagina dall’autore con i limiti e difetti di
un personaggio mediocre che però assomiglia a molti: è difficile non
riconoscere in lui personaggi che abbiamo incontrato tutti nella vita.
E’ l’esatto contrario di un uomo che possiamo idealizzare. E’ l’esatto contrario delle donne più
importanti della sua vita, Gaia che l’ha lasciato e Giulia che è stata uccisa:
donne forti, che gli gestivano la vita e che lo ammaliavano con la loro
determinazione.
Improvvisamente, per la prima volta,
qualcosa lo spinge a perseguire un obiettivo e si trova a un punto di non ritorno:
“...i ricordi tornano immediati, tutti
insieme. A volte è davvero difficile fare finta di niente. Girare la testa.
Qualcosa si muove e ti mette alle strette.” “ Ora, dopo anni di silenzio,
Giulia torna a irrompere nella mia vita.” . . Una Giulia idealizzata, perché
non l’ha mai avuta, uccisa brutalmente come in un orribile fatto di cronaca
realmente accaduto (Marta Russo, 1997).
Ecco, proprio il verbo irrompere dà l’idea che Riccardo sia
costretto dalle circostanze e poi travolto in una indagine che non gli compete,
perché lui non è un detective né un poliziotto un carabiniere o quant’altro: è
goffo, non ha neppure le risorse adeguate, ma si trova a cercare ostinatamente
la verità, perché quel bacio dato tanti anni prima lo ha coinvolto a tal punto
che non può fare a meno di tuffarsi a capofitto nell’impresa.
Uno scrittore esodiente, Giulio
Perrone, ma con la classe di chi si intende di libri, di gialli e anche di psicologia.
Del resto la sua professione abituale è quella dell’editore (nel 2005 ha
fondato la Casa Editrice che porta il suo nome).
Il personaggio principale e l’antagonista, il
giudice, sono delineati con grande abilità: per i secondari bastano pochi tratti
penetranti per farli saltare agli occhi del lettore, che sembra conoscerli da
sempre. Come succede, di sicuro l’autore li ha conosciuti in molte circostanze
della sua vita e li ha manipolati per i suoi scopi .
Una Roma molto amata – città e squadra
di calcio – è il fondale efficace per la
rappresentazione e permette di introdurre nel testo la capacità di ironizzare
su tutto e tutti tipica degli abitanti della città più bella ed eterna che ci
sia. Nonostante il tema noir il lettore sorride spesso.
La scrittura è sintetica ma colpisce
con la densità del contenuto, le frasi sono brevissime, le parole chiare e
nette. Decisamente il marchio di Giulio Perrone scittore, “che si gode l’arte dello scrivere”.
Il genere noir (o giallo come si
dice in Italia dopo la pubblicazione dei polizieschi Mondadori dagli anni ’30) è
sempre più apprezzato: del resto dà agli scrittori la possibilità di esplorare
una società complessa e contraddittoria, violenta, ingiusta, marcata dal vuoto
affettivo e morale, usando l’escamotage
del delitto per descriverla nei suoi angoli più oscuri.
Consiglio:
Si legge d’un fiato, attrattiva la storia
e scorrevole la scrittura, mai banale: attendo
quindi il prossimo libro di Giulio Perrone
con la certezza di poterlo aggiungere alla lista dei miei autori preferiti!
FINALMENTE UNA RECENSIONE CHE SI PUO' DIRE TALE, E NON E' UNO STERILE RIASSUNTO!
RispondiEliminaCOMPLIMENTI TIZIANA!
ANTONELLA
SEMPRE INTERESSANTE LEGGERE I TUOI INTERVENTI CHE NON SI RIDUCONO A UNA SEMPLICE ENUNCIAZIONE DI QUANTO AVVIENE NEL LIBRO. COMPLIMENTI TIZIANA.
RispondiEliminaFrancesco