recensione di Tiziana Viganò già pubblicata in
https://www.gliscrittoridellaportaaccanto.com/2018/02/oltre-e-un-cielo-in-piu-luca-sciortino.html
Luca Sciortino ha
quarantasette anni, è un filosofo, giornalista e scrittore di successo, ma
sente l’inquietudine del vivere in una società che gli va stretta: una vita
sedentaria, oppressa dalla routine, da mille regole e costrizioni, i rimpianti
per le possibilità irrealizzate lo soffocano. Davanti però ha le opportunità che
si offrono a chi si mette in cammino, un viaggio che lo apre alla scoperta di
un mondo che desidera conoscere nelle sue facce multiformi e nello
straordinario che si manifesta ovunque.
“L’inizio del viaggio è essere infedeli a
quello che eravamo”.
Perché se da un viaggio di ricerca si torna sicuramente diversi da
come si è partiti, si comincia a cambiare fin dal momento in cui si è già
proiettati verso una partenza guidata dal caso e dalle stelle.
Così, il 15 luglio 2016 parte dall’isola
scozzese di Skye, pensando a un itinerario che lo condurrà fino a Tokyo, la sua Itaca.
Pensando, non progettando, perché decide di
cogliere i momenti man mano che si presentano, viaggiando lentamente per
assaporare ogni particolare, senza prendere aerei che non permettono di
conoscere la realtà che esiste tra un punto e l’altro del globo, acquisendo
informazioni giorno dopo giorno perché
“La strada la fai andando”.
Il viaggiatore, l’uomo in
cammino, cerca un Altrove e cerca l’Altro per nutrire la sua mente, per
stimolare la sua curiosità per ciò che è diverso, per sentire l’anima del mondo, e attraverso queste
esperienze scopre non solo le proprie risorse, ma anche la propria interiorità. Scoprire se stessi è il grande traguardo.
Rinunciare alle proprie sicurezze e andare oltre i confini del conosciuto. Rifiutare la continua corsa
che la società impone verso cose che hanno poco valore intrinseco: questo è un
insegnamento grandioso che si apprende attraverso la conoscenza di altre culture diverse dalla nostra, attraverso un
approccio empatico verso altri
essere umani. Imparare ad ascoltare e capire anche lingue diverse dalla
nostra, riconoscere la diversità come un
valore prezioso, che arricchisce, accettarla con rispetto e umiltà senza
volerla piegare al nostro punto di vista o ingabbiarla in schemi, oppure
cercare di conciliare l’inconciliabile.
L’“Uomo in cammino che veniva da terre
lontane, nomade in fuga dalla quotidianità, viandante perduto nel mondo,
cosmopolita in cerca di terre vergini”…
…trova durante il suo andare una solidarietà disinteressata, da noi
sconosciuta, acquisisce una nuova fiducia perché in tanti l’hanno aiutato; ha
condiviso cibo e avventure, pensieri e abitudini, gioie e difficoltà del
vivere, grandezza e miseria umana. Ha scambiato tante parole in diverse lingue
incomprensibili…eppure ha potuto capire ugualmente, in una continua condivisione; ha potuto
studiare come cambiano l’uomo e il suo modo di pensare, la cultura, i
valori, la religione cambiando le condizioni storiche, geografiche e perfino climatiche.
“Viaggiando ritrovavo parti di me stesso in
altre culture”.
Anche in questo il viaggio è metafora della vita. Acquisisce la
convinzione di dover difendere la diversità in tutte le sue forme, ma anche
“ dopo quell’abbraccio, solo, in quella
landa sconosciuta, sotto un cielo pienissimo di stelle, mi sentii parte di
un’unica razza, la razza umana, una schiatta perduta nell’universo”.
Tanti paesaggi naturali e tanti
paesaggi umani scorrono davanti a chi sa guardare il mondo con gli occhi di
chi scopre il meraviglioso, di chi sa godersi il viaggio senza preoccuparsi
troppo della meta, perché la vera
felicità sta nel viaggiare stesso, conoscendo se stessi, godendo di ogni
minuto per imparare a gioire della vita. Lentamente,
seguendo la corrente ininterrotta dei propri pensieri.
La nostra civiltà è indebolita, dopo secoli turbolenti ma anche
particolarmente creativi, ora avanzano popoli di altri continenti che hanno
forza nuova, una migrazione pacifica e necessaria per infondere nuovo sangue e
linfa a popoli antichi che ora cercano invano di difendersi, pieni di paura, da
qualcosa che non può essere arrestato. L’uomo
è nato migrante, fin da quando una scimmia evoluta si è alzata in piedi e
ha cominciato a camminare partendo dalle gole della Rift Valley e evolvendosi
ancora ha colonizzato tutto il pianeta: siamo
tutti migranti e nomadi…Ma se la cultura di un popolo è scritta nel suo
patrimonio genetico, la sete di conoscenza guida ognuno verso l’infinito.
Per andare oltre.
“nel
guardare fuori rivedevo esattamente ciò che avevo letto…sensazioni dimenticate
che riaffioravano nella mia memoria man mano che il treno procedeva. Mentre
viaggiavo, non solo scoprivo, ma anche riscoprivo ciò che era sepolto dentro di
me. Ogni sguardo fuori da un treno o da un autobus illuminava parti in ombra della
mia memoria e faceva rivivere i libri che avevo letto. Collegava idee, autori,
paesaggi e storia. Il piacere di capire le ragioni delle cose e di unificare in
un tutt’uno immagini lontane nel tempo e nello spazio.”
Luca Sciortino si mette in
viaggio dalla Scozia, e il suo cammino dura
per diciottomila chilometri: via Londra, si ferma alla Calais jungle,il campo profughi dove migranti sradicati dai loro
paesi in guerra e miseria inseguono una speranza; da Parigi a Milano a Budapest,
porta d’Oriente; attraversa l’Ucraina
ferita da anni di guerra; la Russia
che sembra non finire mai; il Kazakistan,
con le sue steppe percorse da un numero infinito di cavalli, con i pastori e i
cacciatori con le aquile; i monti del
Tien Shan ammirati anche da Marco Polo; la Siberia gelida e sterminata, il lago Bajkal e l’ incanto isola di Olkhon; la Mongolia,
deserto d’erba immensamente vuoto e spazzato dai venti, abitato da mandrie di
cavalli e pastori nelle yurte, da cani che difendono le greggi dai lupi; il Deserto dei Gobi, ponte tra Mongolia e
Cina; Pechino, metropoli di disumana
uniformità, dove nuova Cina abbatte i supersiti vicoli brulicanti della città
vecchia; la Cina rurale del Guizhou;
Shanghai, piena di ricchezze dopo
tanta miseria.
«Per questo viaggi? Ti piace guardare
il mondo da molte finestre?»
«Forse. Il fatto è che se non ti metti nel punto di vista degli altri non stai viaggiando, stai solo portando te stesso in giro per il mondo»
«Forse. Il fatto è che se non ti metti nel punto di vista degli altri non stai viaggiando, stai solo portando te stesso in giro per il mondo»
«Non deve essere facile mettersi nel
punto di vista di tutti»
«Infatti non lo è; è una specie di
processo senza fine che richiede conoscenza della storia e un grande sforzo di
immaginazione»
Una nave dal Fiume Azzurro
lo porta verso la sua Itaca, il Giappone. Un mondo così diverso dai precedenti, dove le
buone maniere, il garbo dei suoi abitanti e l’attenzione ai particolari si
riflettono nelle linee gentili dell’architettura, ma che nasconde i tanti
problemi di una società eccessivamente tecnocratica e competitiva.
Arrivato alla meta del lunghissimo viaggio trova finalmente
“Un’Itaca interiore, il culmine della
trasgressione dall’ordine naturale della propria esistenza, la sacralizzazione
del proprio impeto alla libertà, il termine di un percorso umano”
che gli lascia una sensazione di armonia, di ordine nella sua vita, di
realizzato e compiuto, di accrescimento interiore.
“Oltre, e un cielo in più” di
Luca Sciortino è un libro che si assapora lentamente, acquisendo il suo
ritmo di viaggio, seguendo i suoi pensieri che si alternano alle descrizioni
dei paesaggi e dell’umanità incontrata: molto di più di un reportage di viaggio
giornalistico. Un libro che fa riflettere e meditare mentre, al suo fianco,
camminiamo lungo le infinite strade che attraversano il mondo, scambiando con
lui e con i personaggi incontrati le mille e mille parole che ci rendono tutti uniti in una sola umanità.
Luca Sciortino
“Oltre e un cielo in
più”
2018, Sperling e Kupfer edizioni
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