Donato Carrisi è ossessionato dalle persone scomparse, più interessanti
dei serial killer e degli assassini che pongono fine alle loro vittime. Chi
scompare è invece un enigma aperto, non si sa che ne è stato, per quanto tempo,
quante sono in realtà le persone scomparse?
Rimando alla mia recensione del libro su questo blog https://tizianavigano.blogspot.it/2017/12/luomo-del-labirinto-di-donato-carrisi.html
ma qui racconto l’uomo e lo scrittore, così come l’ho conosciuto alla
presentazione de “L’uomo del labirinto”
(edito da Longanesi) al Castello di
Legnano il 15 gennaio 2018.
di Tiziana Viganò
Carrisi presentato da Amanda Colombo nel Castello visconteo di Legnano |
Ha una testa che concentra gli sguardi di chi lo osserva. Gli
occhi vivacissimi, incorniciati dagli occhiali neri, riflettono un pensiero che spazia in milioni di sfaccettature
e nel contempo sa ipnotizzare chi lo ascolta con un parlare brillante che sale
e scende, emozionando: diverte o fa paura, la battuta sadica spezza il
narrare fascinoso. Un simpatico affabulatore,
un vero attore, davanti a un pubblico che pende dalle sue labbra.
Sicuramente la frase con cui ha esordito, “Solo
chi legge vale, chi è ancorato ai libri è migliore degli altri” ha suscitato
un fremito nella fitta platea di lettori accaniti, incatenandoli per sempre.
I suoi libri sono famosi in tutto il mondo, milioni di copie
vendute ne fanno il più quotato
scrittore di thriller italiano: i suoi romanzi dalle trame perfette fanno
paura, mettono ansia, descrivono protagonisti psicopatici con una maestria eccezionale
che agiscono crimini orripilanti perché la
ricerca sul Male è la finalità dello scrittore.
Rimaniamo incollati alle pagine dei suoi libri perché quei
mostri così ben descritti non sono personaggi di fantasia, quei mostri sono tra noi e agiscono come ci raccontano tanti fatti di cronaca nera, oppure sono nascosti nelle pieghe della psiche di
ognuno di noi, quel lato oscuro, quell’Ombra
che da Jung in poi definisce gli
aspetti della personalità che non possiamo accettare e neghiamo perché racchiudono
emozioni troppo negative: la vergogna, la rabbia, l’aggressività e la violenza,
l’invidia …quelle stesse emozioni che invece proiettiamo sugli altri, per
scaricarle all’esterno di noi.
Leggendo i libri di Donato Carrisi ci emozioniamo, spesso
proviamo aperché quei criminali che
lui descrive hanno tratti del nostro carattere, oppure rappresentano qualche
avvenimento della nostra vita.
nsia
Ed è proprio riconoscendo e integrando questi nostri lati
oscuri che possiamo vivere e crescere…oppure, proprio come fa Carrisi, che
scrive le sue paure, le identifica e
crea capolavori.
Dice che “L’uomo del labirinto” è un libro che gli ha fatto paura scrivere…e
anche a noi lettori, di sicuro! Leggere o scrivere storie di malvagità è
liberatorio, vediamo in uno specchio la realtà così com’è.
Come nasce quest’ultimo capolavoro? Carrisi ci racconta che durante le riprese del film “La ragazza nella nebbia” tratto dal suo penultimo romanzo, di
cui è sceneggiatore e regista al suo
esordio, è stato attratto dalla vista di una mattonella sbeccata, ha avuto
l’idea e ha subito cominciato a scrivere sui fogli della sceneggiatura sotto
gli occhi stupiti degli attori e della troupe.
Ci confessa di non riuscire a vivere senza raccontare
storie, e che è affascinato e
ossessionato dalle persone scomparse, molto più interessanti dei serial killer e degli assassini, che
pongono fine alle loro vittime con la morte e chiudono un cerchio di dolore:
chi scompare è invece un enigma aperto, c’è il mistero che ricopre la vittima,
non si sa che ne è stato, per quanto tempo, anche per molti anni rimane
prigioniera… e quante sono oggi le
persone scomparse? Tantissime. Dove sono?
La sofferenza è
il fine ultimo dei “sadici consolatori”
come si chiamano i mostri che sequestrano soprattutto bambine e bambini, o giovani,
tenendoli prigionieri in case spesso nascoste nel centro delle città, proprio in
mezzo alla gente normale. Mostri che
si consolano del proprio sadismo facendo soffrire le vittime, convinti che la
sottomissione sia amore… mostri che all’esterno passano spesso per persone
normalissime, magari con famiglia e figli…. E cosa succede alle vittime se
vengono salvate? Eppure tutti noi abbiamo avuto nella vita la voglia di scomparire senza lasciare tracce...
In un ambiente che è un non-luogo,
che per questo potrebbe essere proprio dove noi viviamo, si muove un
protagonista permeato di dolore e di malinconia,
Bruno Genko, che si trova immerso nella
malvagità dopo una lunga carriera di investigatore privato, che vuole risolvere
il mistero che ha abbandonato quindici anni prima proprio nel momento in cui ha
solo pochi giorni da vivere: affetto da una gravissima infezione al cuore ha un
orologio biologico che gli concede solo poche ore, in cui deve fare pace con se
stesso, deve decidere cosa fare della sua vita, cosa deve lasciare di sé. Se lo
scrittore si è affezionato a questo personaggio come noi lettori del resto, lo
fa morire dopo aver risolto l’enigma, liberandosi di lui. Un bel tema di
riflessione: come ci comporteremmo noi se avessimo solo ventiquattro ore ancora
per vivere?
Nel thriller lo scrittore sfiora un argomento scabroso e
purtroppo reale, il deep web, cioè quella parte di internet che si nasconde sotto quello ufficiale, che contiene tutto
un mondo parallelo mostruoso, dove sadici e pedofili, picchiatori e assassini,
venditori di organi e di esseri umani, trafficanti di armi…conducono la loro
vita sociale protetti da maschere atroci. “Mala tempora currunt”, il mondo si
fa sempre più buio e pericoloso, odio e violenza hanno una risonanza sempre più
forte…
E il finale oscuro,
un vero colpo da maestro! Lascia sospesi noi lettori, in attesa di nuovi
sviluppi, e rimane un tarlo da cui non riusciamo a liberarci: complimenti Donato Carrisi, “L’uomo
del labirinto” (edito da Longanesi)
è l’ennesimo splendido romanzo che ci hai regalato!
proprio brava!
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