Ratto di Proserpina: scultura in marmo (1621-22) di Gianlorenzo Bernini. Roma, Galleria Borghese |
PRIMO TEMPO
LAURA – Errori come
strade, amori come crepacci *
“Che avrà fatto per essere
uccisa?”
Fra le macerie di un cantiere
di nebbia giace il mio cadavere secco. Quella buca pietrosa, il mio
sepolcro polveroso. Non geme il corpo scarnito. Le orbite tacite non vedono né
soli né aurore. Nessuno reclama la mia anima morta. Manca un
fiore a questa tomba che ignora la propria colpa.
GINA: Simile a un ragno /
io tesso *
“Il cranio era guarito,
ma il cuore si era frantumato”
Le mie primavere di dolcezze
gettate ai tuoi piedi in mille pezzi, in quel giorno scuro di tenebra
ed empietà. Hanno infranto le tue mani – maledette – lo stelo flessuoso
delle mie illusioni. La mia pelle di tulipano si è tramutata in squama
scheletrita.Cuore cattivo, avvelenato dalla tua
meschinità codarda. Anima sanguinante che delira e reclama vendetta. Ho anestetizzato fragilità
e agghiacciato tremori. Sei polpa di morbido frutto per queste zanne assetate
di sangue. Levati, cammina, fuggi … ma le strade che hai davanti conducono
tutte a me. Non sfuggirai alle mie furie vaganti. Ti guarderò negli
occhi mentre il fardello trascinerà nell’abisso il tuo cuore vinto.
***
SECONDO TEMPO
ANNA: Adesso sono una
pioggia spenta *
S’incrosta la cucina senza luna
delle grida soffocanti del mio bambino. Mi schiaffeggiano la bocca e il
ventre ancora caldo quei pianti disamati di dolore nudo. I
miei seni, impermeabili alla disperazione arresa. Mi sento bambola viva, o
forse donna morta. Ogni strillo fruga in questo inferno che mi inghiotte le
anche.Sono madre. Sono madre? Una cosa scura mi
abita e strangola il cuore. Sono fantoccio slogato agli occhi di porcellana e
marmo di mio marito. Conduco i miei petali stropicciati entro un altro
abbraccio immondo, a inseguire il sole gravido di maggio. Ma lo stupido fiore
si addormenta rattrappito: cercava un volo dorato e ha incontrato le carezze
d’acciaio di mani lordate di sangue, inguantate di lurido bianco.
La mia storia scritta con inchiostro di porpora. Debole e
sciocca, donna di latta, io. Nell’aria sottile piange, piano, l’inconsolabile
canto d’usignolo del mio piccolo …
TERZO TEMPO
CLARA: Odio che muti in
pugnale la seta *
“Ho permesso a Rodrigo di
spegnermi completamente”
Sono ape che fiorisce accanto ai
papaveri. Sono goccia di rugiada che danza sul nasturzio. Sono vento
che splende in grembo ai cipressi. Sono roccia incauta che si sgretola nel
buio. Sono conchiglia d’abisso, che vola sul grembo del mare, in groppa alle
onde, per l’eternità. Non temo la morte. Perché già sono morta, una
volta. Nel crocefisso muto di un matrimonio. Nella quieta
tragedia di una vita consumata dal perverso predominio, nel segreto
elegante di stanze senza polvere. La mia colpa più grande non è quella per la
quale mi sottoponete a giudizio. Colpevole, ma della mia arrendevole
debolezza. Davanti al tribunale della mia vita, della mia dignità di donna
e madre. Lasciate che io torni cenere e vento, nel passo leggero
del cielo, nell’odore blu delle acque, perché questa, e non la sontuosa dimora
di quell’uomo, è la vera casa della mia anima.
***
QUARTO TEMPO
CLAUDIA: Dalla cenere io
rinvengo / con le mie rosse chiome / e mangio uomini come aria di vento *
“Mi odia, la odio, deve
morire”
Il tuo spazio è invaso dai
bisbigli del mio desiderio. Sei servo della mia ira e del mio possesso.
Le tue carezze e i tuoi baci sono lava che feconda le mie arterie. Accudisci i
miei fianchi avidi e disdegna il battito scialbo della schifosa medusa. Calpesterò con
mano di piombo l’ultimo respiro della sua gelosia. Il mio corpo di
seta sinuosadistruggerà inarrestabile il suo volto inutile.
LAURA: Hai voluto rifarti
con l’orrore. / Paga: adesso lo devi *
“Si trascinava senza più
vedere il futuro, senza illusioni, solo con questa travolgente rabbia
mitologica che le faceva così paura.”
La ferita stuprata del
tempo smarrito implode nell’abisso della mia follia. Mi tormentano le stagioni
di una vita che ha perduto la corsa bianca delle stelle. Sono disabitata di me.
Mente accartocciata condannata all’eterno migrare nel nulla nero. Corpo incatramato
da dita luride. Cuore, cosa morta a navigare provvisorio sulle crepe feroci
della vendetta. Vittima e carnefice. Il mio cappio
implacabile s’inchioderà ai vostri giorni colpevoli. Nessuna
pietà, per nessuno. Uscirò dal mio angolo scialbo, dove mi ha confinato la
vostra indifferenza cinica. E sarà acqua scarlatta sulle vostre teste il mio furore
cieco.
NADIA E MARIA LUISA: Qualcuno
Qualcosa ha ferito *
Reciso il nostro gambo,
nel silenzio che taglia carni e memoria. La nostra anima,non innocente.
Volgemmo lo sguardo altrove. Ci lavammo le mani nel sangue di
quel corpo sfiorito – ossa denudate, schiantate da una tempesta di ebbro e
livido delirio.
***
Donne. Giunchi sottili spezzati
prima ancora di essere uccise. Vilipese nell’amor proprio. Umiliate nella
dignità. Ferite nella bellezza gracile della loro anima. Donne
uccise. Donne che uccidono. Trame perverse e morbose che si srotolano,
tenaci e pazienti, dietro le cortine damascate di un perbenismo che
si vuole perfetto. Figure maschili nefaste, che conducono un
sottile, logorante “gioco” di violenza e dominazione psicologica e
fisica. Sinfonia nera in quattro tempi. Un romanzo di denuncia
sociale contro il femminicidio e il muro di silenzio che si
rende inconsapevolmente complice di questa tragedia. Un romanzo di fine penetrazione
psicologica, che scava nei meandri di esistenze apparentemente consegnate
alla normalità, per cavarne fuori, come bisturi affilato, crepe, cicatrici,
angolature sbilenche, scuciture imprevedute. Tiziana Viganò, con l’arte
raffinata e lapadronanza che derivano da una lunga e
appassionata frequentazione della letteratura, fa confluire questi due
filoni di studio, ricerca e interesse nella trama senza sbavature di un romanzo
giallo avvincente e molto ben costruito, che con i suoi toni non di rado
bonariamente ironici e i suoi squarci di luce (la gioia sensuale del cibo e il
passo segreto dei palpiti del cuore) rende un poco meno fosche le tinte in
rosso e nero di queste vicende maledette, avvolte e custodite dalle nebbie
appiccicose della Pianura Padana. La penna colta ed elegante di Tiziana
Viganò rifugge il racconto d’azione sensazionalistico e confeziona
storie dagli incastri perfetti dove prevale l’indagine introspettiva, in linea
con il romanzo giallo di stampo classico della miglior tradizione. Le citazioni
letterarie e i rimandi alla cultura classica, lungi dall’essere artifici
esteriori, si inseriscono attivamente nella trama dei racconti diSinfonia
nera in quattro tempi e rappresentano le chiavi di lettura utili a
decifrare i personaggi, il loro temperamento e le motivazioni del loro agire. Una
galleria molto variegata di figure femminili, che si muovono nel sottile
limbo fra Bene e Male e che suscitano una compartecipazione e
un’adesione emozionale forte, per il travaglio che morde le loro viscere.
Molto ben costruiti anche personaggi che, seppur non direttamente non coinvolti
negli omicidi, giocano un ruolo importante nell’economia delle singole storie,
come la Dea Madre Signora Lina in Mal di psiche, mal d’amore, o nel
contesto dell’intero romanzo, come la forzatamente agghiacciata Dottoressa
Hofer o Rosi, l’accogliente e avvolgente moglie del brigadiere siciliano
Tommaso Lo Monaco, detto Totò. Lui, e il maresciallo Adelio Rusconi, lombardo
purosangue, sono i due unici cavalieri senza macchia in un
mondo di uomini (e donne) privo di luce.
“Quante coppie normali,
perfette, nascondevano, dietro un’apparente quiete, abissi di solitudine e di
sopraffazione, giochi perversi basati sul ricatto, sul rapporto
dominante-dominato; oppure c’era una elemento della coppia che dall’esterno
sembrava ‘sano’ ma in realtà bruciava l’autostima, la capacità e l’indipendenza
di quello che si riteneva ‘malato’. Triste, triste, triste.”
Come lettrice che si è già
affezionata ai personaggi e alle atmosfere di Sinfonia nera in quattro
tempi, vorrei invitare Tiziana Viganò a mettere ancora una
volta, e ben presto, il suo talento e la sua bravura al servizio delle storie e
delle indagini di quella che potrebbe diventare la nuova coppia investigativa
del giallo italiano, Adelio Rusconi e Totò Lo Monaco. Due uomini in caserma
(per non parlar dei gatti).
* Citazioni tratte da:
Biancamaria Frabotta, Poesie
per Giovanna
Sylvia Plath, Donna senza
figli
Alda Merini, Adesso sono
una pioggia spenta
Alfonsina Storni, Odio
Sylvia Plath, Lady
Lazarus
Marianna Bucchich, Io, in
un pensiero di bambina
Laura Canciani, Per
autochiarimento
SINOSSI
Un romanzo giallo con quattro
indagini del maresciallo Rusconi, ambientate tra Legnano e Milano, basate su
storie di donne vittime o carnefici, simbolo di una realtà attuale, quando la
violenza psicologica può sfociare nell’esasperazione e nella follia con
conseguenze estreme. In un crescendo drammatico, dalle oscure passioni della
prima indagine si passa alla seconda, centrata su un personaggio femminile che
si agita in una gabbia dorata, tra i giochi di potere di una relazione
disturbata. Un’altra vicenda complessa metterà il maresciallo di fronte alle
mille sfumature della psicologia femminile; in ultimo, una catena di efferati
delitti scuoterà la provincia lombarda, rivelando retroscena d’amore e morte.
Attraversando queste esperienze, anche la vita del maresciallo subirà
un’evoluzione verso una maturità più consapevole.
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