Il ritmo spezzato e sincopato di questo breve, ma intenso squarcio di vita e di sentimenti sottolinea l’idea dell’annientamento doloroso della protagonista per la fine di un amore. Cinzia Maria Rossi, scrittrice abruzzese di Pescara, descrive nei suoi libri e racconti figure femminili di energica personalità con forti accenti emotivi. Attiva nella politica della sua regione ha pubblicato “Filomena delli Castelli, una donna abruzzese alla Costituente" nel 2004, "Manuale di democrazia, dibattito femminile all’interno della Costituente" e"Odilla contessa in Salsapariglia" nel 2013.
Quando l'hai lasciata così, giorni e giorni come una gatta abbandonata, ad attendere che tornassi, ad attendere il tuo sguardo.
Quando l'hai lasciata lì.
L'ho presa io.
Sei stato crudele, potevi dirlo che non la volevi più, che non la desideravi più. E' stata la forma peggiore per dirle addio, senza dire niente, facendo finta di niente. L'indifferenza nella voce, l'indifferenza nelle carezze, l'indifferenza dopo l'amore. Quella le ha fatto male, ma ti giustificava. Lasciarla senza dire nulla , sapendo di avere già deciso...è la peggiore forma di disprezzo per una persona, facendola passare per bontà d'animo, giustificando questo comportamento vigliacco con un altro ben peggiore. L'indifferenza. "Non voglio farla soffrire". Pensavi fosse meglio della verità. Far passare giorni senza essere chiaro. Bastava solo dire solo la verità. Dire "E' finita", lei avrebbe capito , ma così. Così, proprio no. Un insulto alla sua intelligenza. Quel dire e non dire. Anni. Anni. Cosa non volevi fare? pensavi forse di farla soffrire con le parole della verità: "Non ti amo più". Lei ti avrebbe guardato, accarezzato, provato a darti un ultimo bacio e poi se ne sarebbe andata. Magiche parole, catartiche, sarebbe stato meglio. Ma così. Così no.
La parola giusta è "vigliacco".
Lei lì, annientata, che non capiva e che soffriva di più. Il tuo muro di gomma, il tuo muro d'amore. Un giorno sì, tre no. E la vita in mezzo. Come niente fosse un messaggio. Una telefonata. Un caffè. Un abbraccio, un bacio, un'ora d'amore. Poi la vita in mezzo. Voi due sul divano, voi due a bere un tè, silenzi dopo l'amore, niente da dire, nulla da fare. Lei pensava che tu fossi stanco, stressato dal lavoro, dai problemi. E cercava di darti un'ora di pace, di trasgressione, di donarti qualcosa di più, per farti stare meglio. Invece no. Per te era diverso. Era già tutto cambiato da tempo. Ma non lo dicevi. "Intanto lei ce la farà", pensavi. Ma come potevi pensare questo, lei ti amava, eri tutto per lei. Lo eri diventato. Ma ora non lo sei più. L'ho raccolta da quella strada dove l'avevi abbandonata, era fradicia di lacrime. Ma lacrime di sdegno per se stessa, per non aver capito. Anche se poi mi ha detto che da te si aspettava la verità, e quando ti diceva "sì" aspettava e sperava fosse l'ultimo sì, l'ultimo incontro. Ma aspettava la tua verità, perché ti credeva.
Io so cosa pensavi, perché io sono te.
Sono l'egoista che c'è in te.
Sarò anche quello che ti farà soffrire.
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